Natale al borgo e i buoni auspici

di ROSITA SPINOZZI –

Non è il panettone che fa Natale per i sambenedettesi. Neanche la neve, o l’intrigante connubio albero più presepe che fanno, senza alcun dubbio, la loro indiscussa parte. Manca qualcosa, paragonabile alla classica ciliegina sulla torta, per intenderci. Le feste, per noi inguaribili amanti delle tradizioni, arrivano quando c’è “Natale al borgo” e vediamo i colori, le suggestioni, i profumi del nostro folclore permeare una serie di irresistibili storielle dialettali che si snodano lungo le vie del Paese Alto. Soltanto allora ci rendiamo conto che è arrivato il Natale e che ridere fa bene alla salute. Signore e signori, dopo un anno di assenza, “Natale al borgo” torna ad accendere il vecchio incasato e non c’è freddo che tenga. Di anni ne fa venti e, la volta scorsa, ne abbiamo sentito la mancanza. Abituati com’eravamo, il 26 e 27 dicembre, a recarci tutti al Paese Alto e affrontare stoicamente una lunga fila – peraltro ordinata, si entra da Piazza Piacentini per gruppi da 25 persone – è ovvio che il Natale 2016 ci è parso privo di una caratteristica importante che affonda le sue radici nel tempo e arriva ai giorni nostri per raccontarci le storie, di vita e di mare, dei sambenedettesi veraci che ci hanno preceduto. Quelli che amano il brodetto e il vino, quelli che hanno il volto scolpito dal sole e le mani callose. Come non amarli? Altro che fiction, talent e reality show: “Natale al borgo” li supera tutti con la semplicità, con il nostro formidable dialetto che già di per sé è poesia, con l’eccezionale bravura degli attori che attingono alla vita quotidiana e ci ricordano che siamo tutti sulla stessa barca.  Realizzata dalle associazioni Ribalta Picena e Amici del Paese Alto, in collaborazione con il Comitato di Quartiere Paese Alto e il patrocinio dell’Amministrazione comunale di San Benedetto del Tronto, la manifestazione si avvale della regia di Alfredo Amabili e propone, oggi e domani dalle ore 15,30 alle 19,30, nove scenette dialettali lungo un percorso di un’ora e mezza che inizia da Via del Consolato, proseguendo per le vie Firenze, Rossini, dei Neroni, degli Anelli, Ludovico Ariosto, Porta Antica, S.Voltattorni. Gran finale in via del Tesoro. Circa quaranta gli attori in scena, alle prese con tematiche che si evincono dai titoli stessi delle storie proposte, ovvero “Stu mbriacò”, “Setacce setacce, chelle che mi sci fatte te refacce!”, “Sta segnore la pozze capé”, “Sta ladra!”, “Quante jè brotte a sentesse male…”, “Ha revenote la sora tutùne”, “Lu ‘ncante mi je stu paese”, “I vuvete me devesse aremagnà”, “Le donne…ne sa piò de lu diavele”. Storie che racchiudono il vissuto di una San Benedetto antica ma ancora oggi attuale, tanto che “Natale al borgo”, da qualche anno, ha fatto il suo glorioso ingresso anche nelle scuole, conquistando il cuore di tutti i bambini. E dimostrando anche che il dialetto è un patrimonio di cui andare assolutamente fieri, quindi da coltivare, custodire, tramandare alle nuove generazioni. Così come l’arte del presepe, in questo caso visitabile all’interno della bellissima Torre dei Gualtieri. Sono certa che il vecchio incasato in questi due giorni sarà piacevolmente movimentato e, per una volta, metto da parte il mio “pessimismo cosmico” leopardiano lasciando spazio ai buoni auspici. “Natale al borgo” è tornato. Ne siamo immensamente felici. Adesso pensiamo a “recuperare” il Festival Ferré e Maremoto. Anche loro, seppur in modo diverso, elevano – di molto –  il nostro territorio.