Matteo Piermanni: «Mi piace seminare nei libri piccoli pezzi di me»

di ROSITA SPINOZZI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Matteo Piermanni è il secondo classificato al concorso “Aria. Respirare poesia” realizzato dall’Associazione MultiCulturale VisionAria. Merito della sua poesia “Nulla”, un insieme di versi in cui le parole “giocano” un ruolo molto importante attraverso figure retoriche, prive di rima, il cui obiettivo è quello di dare il senso del vuoto assoluto, facendoci “precipitare” in un limbo in cui la paura è intesa come totale assenza di emozioni. La paura di Matteo si chiama solitudine. Dice di non averne mai sperimentato il gelo, ma il solo pensiero di una vita priva di affetti lo spaventa. È un ragazzo intelligente e sensibile, all’apparenza molto sicuro di sé. E non potrebbe essere diversamente, visto che è abituato a parlare in pubblico: in ambito letterario, infatti, è noto per aver pubblicato il terzo volume di “Un lupo speciale. Nuove creature fantastiche” (Capponi Editore), una raccolta di storie che, attraverso i sogni, permette di intraprendere un viaggio in un mondo parallelo. Ha già all’attivo diverse presentazioni e si sta preparando per il Salone del Libro di Torino. Diciotto anni, studente dell’IIS “Augusto Capriotti” (classe 5 BL), Matteo vive a Monteprandone circondato dall’affetto della sua famiglia che lo sostiene e lo incoraggia a dare sempre il meglio di sé, infondendogli quella giusta dose di fiducia per affrontare la realtà che lo circonda. Si definisce un “inguaribile ottimista”, adora Dante Alighieri, il suo autore preferito è Carlos Ruiz Zafón, nutre una stima profonda nei confronti del cantante Ermal Meta. É fiero delle sue radici italiane ma nel suo futuro c’è Parigi, dove andrà a studiare fisica. Nel frattempo ha già in programma una nuova avventura letteraria, ma non dirà nulla fino a quando il progetto non prenderà forma. Ha già capito tutto Matteo. Gli auguriamo di cuore una luminosa carriera. Vola alto, Matteo!

Matteo, prova descriverti con una frase
Sono un ragazzo motivato, riesco a rialzarmi sempre e ad affrontare la vita; non m’importa delle difficoltà, sono solo ostacoli che supererò con tutto me stesso.

Un tuo pregio e un difetto
È sempre difficile scavarsi dentro, alla ricerca di se stessi. Il pregio che più mi riconosco è la curiosità. Mi piace informarmi su tutto ciò che mi circonda: dall’economia, alla politica, a termini che non conosco. Arricchire il proprio bagaglio culturale è una missione che tutti dovrebbero intraprendere. Il viaggio attraverso il sapere non finisce mai, ma ogni passo, e ogni granello di sabbia che si mette nel proprio zaino, costituiranno cospicue risorse utili per affrontare ogni aspetto del mondo. Un difetto? La mia, a volte eccessiva, loquacità. Mi piace molto parlare, sono estroverso: le persone potrebbero sentirsi un po’ private del loro spazio personale. Mi rendo conto di essere a volte troppo prolisso e cerco di smorzare. Devo però dire che questo potrebbe essere a sua volta un pregio, è la qualità che durante le presentazioni mi aiuta moltissimo, ad essere sicuro di me e a non bloccarmi anche davanti ad una platea più vasta.

Qual è il valore della poesia ai nostri giorni?
Sento spesso dire “la poesia è del passato”, “la poesia non può descrivere il mondo di oggi”: niente di più sbagliato. La poesia è forse il mezzo di espressione immortale. Una poesia del 1700 potrebbe benissimo essere vera anche oggi. Prendiamo Dante come esempio: le sue invettive nelle varie cantiche pur facendo riferimento a un mondo medievale, sono comunque vere anche oggi. L’Italia da lui criticata porta in sé molte delle contraddizioni del passato, sotto una diversa luce, ovviamente, ma si può ben dire che il passato e il presente hanno stretti legami. La poesia deve fare proprio questo, creare legami, far capire il presente attraverso il passato, aprire gli occhi e scuotere le coscienze, affinché non si dorma il sonno del conformismo e dell’indifferenza.

“La paura” in ogni sua accezione, fisica o metaforica: questo il tema del concorso “Aria – Respirare poesia”. Qual è il tuo rapporto con la paura?
La paura è qualcosa che ogni essere umano si trova ad affrontare, chi in forma maggiore, chi minore. Non esiste non aver paura di niente, c’è sempre dentro di noi quell’inquietudine profonda che non ci fa stare tranquilli. La mia paura è la solitudine. Non da intendersi come restare solo in casa, ma piuttosto come vivere senza affetti e senza calore. Non ho sperimentato il gelo della solitudine, ma è una sensazione che possibilmente non vorrei mai sentire. Crollare e non avere una colonna pronta a sorreggerti credo sia orrendo. Durante la scuola media le mie uniche colonne erano i miei genitori e, fortunatamente, ora che sono alla fine del mio percorso delle scuole superiori mi trovo circondato da persone che mi vogliono bene, questo mi scalda il cuore e smorza la mia paura, che ogni tanto si fa sentire.

La tua poesia s’intitola “Nulla”: molto bella e intensa, è un crescendo di emozioni con eccellenti figure retoriche. È stata una “prova” difficile? Raccontaci…
Appena ho letto “Paura”, ho avuto moltissime idee. L’aspetto più difficile è stato partire dalle parole: lupi, buio, nero, notte che mi ero appuntato come brainstorming. Una volta che le idee si susseguivano, ho pensato a una struttura da dare, e il verso libero mi è sembrato l’idea migliore. Le rime avrebbero alleggerito troppo; il mio obiettivo era dare il senso di singhiozzo, di paura e di ansia. Non solo le parole avrebbero dovuto contribuire a dare il senso, ma anche lo stile, unito agli enjambements e alle virgole che si fanno talvolta più rade, altre meno rade. Il nulla, infine, che dà il nome alla poesia è la piena espressione di tutto. Una composizione che parla di tutto per dire niente, e precipita nel vuoto assoluto. La sensazione di essere perso e di non arrivare a niente, di precipitare in una notte senza nulla, senza vento, senza emozioni. Come può vivere un uomo senza provare nulla?

Qual è il tuo autore preferito? I tuoi punti di riferimento?
Carlos Ruiz Zafón. I suoi libri sono scritti in uno stile travolgente, che ti tiene incollato alle pagine, che si susseguono senza sosta. Alla fine, hai voglia di rileggerlo, per perderti nelle descrizioni e nei singoli dettagli che sfuggono sempre alla prima lettura. Prendo come esempio: “Il gioco dell’angelo”, il suo secondo libro. Una descrizione a cui fa sfondo la corruzione che dilania la Spagna del primo dopoguerra dove, anche se gli orrori non sono arrivati, un po’ tutti ne portano le conseguenze economiche. Il protagonista spezzato dal dolore, che dovrà resistere agli urti della vita, arrivando anche ai più bassi e loschi luoghi della capitale catalana. I miei punti di riferimento, anche se potrebbe suonare banale, sono i miei genitori. Senza di loro non avrei mai superato molti dei colpi della mia vita, e se loro non mi avessero dato la forza probabilmente il mio primo romanzo non avrebbe visto la luce.

Una persona che ammiri molto
Ammiro moltissimo il mio cantante preferito: Ermal Meta. Il suo coraggio di scappare dal suo paese e di iniziare una nuova vita è assolutamente da sottolineare. Ha fatto della sua musica la sua arma, pronto a combattere ogni forma di discriminazione e di difficoltà. Le percosse del padre sono state cicatrici, alle quali lui ha appeso le sue ali per tornare a volare. Le sue note sono state il suo vento a favore per decollare. Lui è stato il mio modello alle medie, quando il bullismo sembrava un fenomeno insormontabile, quando le prese in giro erano pesanti fardelli da portare sulle spalle. Lui c’è sempre stato per me senza saperlo, e da lì non ho mai smesso di ammirarlo. Per me è di grande esempio una frase della canzone “Lettera a mio padre”: «Ogni male è un bene quando serve, ho imparato anche a incassare bene, forse un giorno diventerò padre e gli dirò di cambiare le stelle, gli dirò che un cazzotto fa male, che una parola a volte ti uccide, e quando sulla schiena hai cicatrici è lì che ci attacchi le ali».

Quali sono le tue passioni? (letterarie, cinematografiche, musicali, hobby…)
Le mie passioni sono molteplici, le principali: lettura, scrittura e musica. La lettura mi accompagna da sempre, sin dall’ultimo anno di asilo, da lì non mi ha più lasciato. Come direbbe Dante è stato quell’”Amor ch’al cor gentil ratto s’apprende”, quella scintilla che ha acceso un fuoco eterno in me. La scrittura, è strettamente legata alla lettura: da una è scaturita l’altra, iniziata come un piccolo ruscello, prendendo poi le dimensioni di un fiume. Da piccole poesie sono passato a veri e propri libri, lasciandomi guidare dal mio cuore e dalla penna che scorreva senza catene sul foglio. Come ho già detto altre volte, mi piace seminare nei libri piccoli pezzi di me, in ogni personaggio. Sta al lettore trovarli. La musica, mi ha aiutato sempre. I tasti zebra del pianoforte hanno una funzione di melatonina naturale, mi rilassano e fanno sparire tutto lo stress o il malumore di una giornata. La mattina invece, qualche canzone ascoltata nel tragitto verso scuola, mi dà la giusta carica per affrontare la giornata.

Che rapporto hai con i social?
Prima dell’uscita dei miei libri ero il così detto asocial, estraneo a questo mondo. I miei libri però mi hanno dato la spinta ad immettermi in questa parte del web, che non mi piace più di tanto. Utilizzo Facebook e Instagram, al solo scopo di pubblicare materiale inerente alle mie opere o ciò che riguarda il mondo della cultura. Qualche volta mi piace anche esplorarli un po’, ma credo che sia un mondo del quale posso fare a meno, perché troppo spesso vedo una cattiveria dilagante nei confronti di persone per un nonnulla.

Il tuo libro “Un lupo speciale. Nuove creature fantastiche” (Capponi Editore) è il tuo terzo volume. Ed è una raccolta di storie che permette di compiere un viaggio attraverso i sogni, volando sulle ali della fantasia. Meglio il sogno o la realtà?
Non prediligo nessuno dei due, credo che realtà e sogno debbano bilanciarsi. Una vita costruita prettamente su un sogno, rischia di vaneggiare, così come una vita eccessivamente attaccata alla realtà potrebbe risultare vuota. I sogni sono un rifugio, un porto sicuro dove ripararsi quando tutto sembra crollare o andare per il peggio, devono essere uno strumento per aiutarsi nelle difficoltà, un’ancora di salvezza. Questo è il fil rouge dei miei libri, volare sulle ali della fantasia, in un viaggio alla ricerca di se stessi, non per fuggire, ma per trovare una soluzione ad alcune ansie.

Nella seconda parte del libro “incontriamo” addirittura Dante Alighieri e ci sono alcune terzine inventate sulla traccia di quelle della Divina Commedia. Com’è nata l’idea?
Sono sempre stato appassionatissimo del Sommo Poeta, e ho scritto questa storia in occasione del settecentesimo anniversario dell’inizio del viaggio nell’Oltretomba di Dante. Per le terzine, invece, ho creduto che fosse il miglior modo di esprimere le parole del poeta. Dante è un personaggio che ha molto da insegnare specialmente ai giovani di oggi, tratta temi che sono sempre attuali e che sono veri per ogni epoca.

Come ti vedi tra dieci anni?

Tra dieci anni mi vedo a Parigi, a lavorare tra provette e microscopi, inseguendo i miei sogni e la mia passione. Spero anche di avere una mia stabilità economica e di poter costruire la mia famiglia. Non dimenticherò mai le mie radici italiane, saranno sempre nel mio cuore, e farò in modo di coltivarle giorno dopo giorno. Anche la scrittura continuerò a coltivarla, senza ombra di dubbio, fa ormai parte della mia vita, non me ne potrei mai privare.

In generale, sei ottimista o pessimista?
Sono un inguaribile ottimista, e sono fiero di esserlo. Vedere il bicchiere mezzo pieno non costa nulla, e aiuta enormemente in molte situazioni. Pensare che tutto andrà per il peggio, non fa altro che alimentare il malumore e attirare negatività. Meglio sempre pensare: se è andata male, andrà meglio, vediamo come posso migliorarmi. Da ogni caduta, prendere tutti gli spunti per essere sicuri di non commettere lo stesso errore.

Prossimi studi e progetti futuri?
Progetto di andare a studiare fisica a Parigi, ho fatto l’iscrizione a febbraio e spero tanto che tutto sia andato per il meglio. Una città multietnica come la capitale francese può essere un grande stimolo e soprattutto un’occasione di crescita. Per quando riguarda le prossime avventure letterarie, non dico nulla, preferisco mantenere il segreto finché il progetto non prenderà forma.

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Ermal Meta (foto dal web) il cantante preferito di Matteo Piermanni