Joker, la sofferenza che si trasforma in follia

di ROSITA SPINOZZI –

La società ostile porta alla pazzia le sue vittime. Ruota intorno a questo concetto il film che il regista statunitense Todd Phillips ha dedicato a Joker, eterno nemico di Batman talmente carismatico nel suo agghiacciante aspetto da “pagliaccio psicopatico” da aver conquistato una fama in grado di eguagliare quella del suo antagonista. Non a caso, a partire dal 3 ottobre in Italia, sul grande schermo arriverà “Joker”, un film interamente a lui dedicato che racconterà i tasselli della vita che hanno trasformato questo personaggio da eccentrico clown a vendicativo killer. Una sorta di “viaggio” nel mondo oscuro di un uomo triste e ferito dalle vicissitudini della vita, talmente tanto da abbracciare la follia pur di tenere lontano quei brutti ricordi che gli hanno condizionato l’esistenza rendendola un inferno. A vestire i panni di Joker sarà Joaquin Phoenix, che raccoglie la difficile eredità di Jack Nicholson, che ha interpretato con successo il malefico personaggio nel 1989 in “Batman” di Tim Burton, preceduto da Cesar Romero nella serie tv “Batman e Robin” dei lontani anni Sessanta. Impresa poi portata sul grande schermo anche da Heath Ledger (“Il Cavaliere Oscuro” 2008) e Jared Leto (“Suicide Squad” 2016), per citare i film più noti.

Trucco pesante, capelli verdi e  inconfondibile ghigno satanico che esplode sotto un paio di labbra rosse che sembrano raggiungere le orecchie, Joker è un misto di malvagità e malinconia. Elementi che appaiono chiari sul viso appesantito dal trucco di Joaquin Phoenix, bravissimo attore la cui interpretazione, a detta di molti esperti del settore, profuma già di Oscar. Il film, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, è stato accolto benevolmente: l’interpretazione di Phoenix è decisamente tra quelle che ricorderemo, così come resterà impressa nella nostra mente l’immagine che lo ritrae abbigliato da clown con lo sguardo ferito rivolto verso il basso. È triste e pazzo Joker: il suo vero nome è Arthur Fleck e porta con sé le tragiche conseguenze psicologiche scaturite dagli abusi mentali e fisici che il padre gli ha sempre inflitto. Arthur era un bambino che cercava affetto e riceveva soltanto umiliazioni. Siamo negli anni Ottanta, il bambino è diventato uomo e deve prendersi cura della madre malata. È un comico fallito che di giorno fa il pagliaccio e di notte lavora nei cabaret, sogna il successo ma in realtà è preso in giro da tutti, compreso il perfido presentatore televisivo – interpretato da Robert De Niro – che avrà un ruolo predominante nella manifestazione della sua follia.

Phoenix ha confessato di aver temuto questo ruolo, nel quale si è totalmente immerso per trovare la giusta dimensione da conferire ad un personaggio così complesso e, in quanto tale, intrigante. Dalla sua magistrale interpretazione esce fuori l’aspetto umano e vulnerabile di Joker, perché in questo film non si parla di supereroi e super poteri, ma della sofferenza umana, del disagio di una vita vissuta sempre sottotono, del desiderio di gridare al mondo la propria esistenza, del legittimo desiderio di cercare di realizzare i propri sogni. Joker lo fa, ma il mondo continua ad essergli ostile: viene costantemente illuso, deriso e oltraggiato dalla società. È un peso davvero troppo grande da sopportare. Nasce così il suo disagio mentale, e il clown si trasforma in un killer vendicativo che miete vittime, scegliendo come nemico numero uno Bruce Wayne, Batman appunto, figlio di un miliardario per il quale la sua anziana madre è stata governante. Il cerchio si chiude e la follia esplode, diventando per la psiche offesa di Joker l’unica soluzione possibile per sfuggire ad una insopportabile realtà. Perché dietro ogni lato oscuro c’è sempre una storia da raccontare.

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