L’arte del pizzaiolo napoletano, Patrimonio dell’Umanità

di ROSITA SPINOZZI –

É ufficiale: l’arte del pizzaiolo napoletano entra a pieno titolo nell’ambita lista del Patrimonio dell’Umanità. Ci sono voluti ben sette anni di negoziati internazionali per raggiungere il felice epilogo. Poi il Comitato per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco, riunito in sessione sull’isola di Jeju in Corea del Sud ha detto sì, con voto unanime, alla candidatura italiana. «Congratulazioni Italia», ha twittato l’Unesco. E se consideriamo il fatto che si tratta del cinquantottesimo bene tutelato, il nono in Campania, c’è da esultare eccome! Del resto a chi non piace ’a pizza cu ’a pummarola ’ncoppa? Nella decisione finale l’ago della bilancia si è spostato verso il concetto vincente di “know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto, esibirsi e condividere. Tutto ciò è un indiscutibile patrimonio culturale”. Verissimo. L’Italia intera esulta, i napoletani fanno festa fino all’alba con aperture straordinarie e pizza per tutti.  Alfonso Pecoraro Scanio, promotore della World Petition#pizzaUnesco che, con oltre 2 milioni di sottoscrizioni mondiali, ha sostenuto la candidatura italiana alla vittoria finale, sostiene che il riconoscimento dell’arte del pizzaiolo napoletano è la riaffermazione di una tradizione storica. Una tradizione che, da secoli, rappresenta per il Belpaese un elemento di unione culturale che si tramanda di padre in figlio. In sintesi la pizza è molto più di una pietanza ma, a mio avviso, racchiude in sé l’anima del popolo partenopeo che, diciamolo pure, ha una marcia in più. Napoli e la pizza sono un connubio irresistibile. A partire dal lontano giugno 1889, quando il cuoco Raffaele Esposito venne convocato al Palazzo di Capodimonte affinchè preparasse le sue celebri pizze per la Regina Margherita. Nasce da lì la pizza per eccellenza, con pomodoro, mozzarella e basilico per omaggiare la bandiera italiana. Nozioni “storiche” a parte, la pizza fa impazzire il mondo ancor più del decantato “analcolico biondo”: gli americani sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa, seguiti dagli italiani che guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno. Poi ci sono gli spagnoli (4,3), i francesi e i tedeschi (4,2), i britannici (4), i belgi (3,8), i portoghesi (3,6). Dulcis in fundo gli austriaci, con 3,3 chili di pizza pro capite annui. I dati dell’Accademia Pizzaioli divulgati dalla Coldiretti parlano chiaro: la pizza è un business da 12 miliardi e 150 mila lavoratori. Inoltre, nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, ogni giorno si producono 5 milioni di pizze. La pizza piace, non c’è che dire. Davanti a una Margherita fumante e profumata di basilico, cade ogni barriera. Diventa persino simpatico il commensale più antipatico. Miracoli della buona tavola. E per dirla con le parole di un indimenticabile napoletano doc, fattena pizza c’a pummarola ‘ncoppa vedrai che il mondo poi ti sorriderà.