Le Marche e la sua caratterizzante vocazione alla pluralità

Paesaggio delle Marche

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Che le Marche siano l’unica regione con nome al plurale è cosa ben nota. Cercheremo di ripercorrerne le ragioni storiche ma non solo. Ci interessano le pluralità delle tradizioni, usanze, atteggiamenti. Già dai dialetti si comprende come ci siano delle ricchezze culturali diversificate, pur con aspetti caratteriali che accomunano un po’ tutto il popolo marchigiano: siamo sostanzialmente miti, tendenti al “tu” fraterno già nelle prime fasi, riservati, laboriosi, concreti, amichevoli. Insomma, non siamo gente che si dà delle arie, ma volendo avremmo molti motivi per farlo: il nostro buon turismo, le riviere ben organizzate, i parchi nazionali e regionali, le Grotte di Frasassi, gli splendidi borghi, i castelli medievali, la dolcezza delle colline, gli Appennini a portata di mano con i fiumi ad ogni vallata, il Conero, le campagne estese coltivate con una agricoltura attenta e variegata, con molti vigneti e frutteti; le case coloniche tipicamente marchigiane, le antiche dimore signorili, i centri storici con le fortificazioni.  E poi, l’artigianato, gli artisti di ogni epoca e in ogni campo, l’economia con le aree industriali a fondo valle, le griffe prestigiose e i brand di tutto rispetto, le attività marittime e quelle montane.

La nostra regione è plurale anche per I Borghi più Belli d’Italia, ben 28: Cingoli, Corinaldo, Esanatoglia, Frontino, Gradara, Grottammare, Macerata Feltria, Mercatello sul Metauro, Mondavio, Mondolfo, Monte Grimano Terme, Montecassiano, Montecosaro, Montefabbri, Montefiore dell’Aso, Montelupone, Moresco, Morro d’Alba, Offagna, Offida, Pergola, San Ginesio, Sarnano, Sassoferrato, Servigliano, Torre di Palme, Treia, Visso.
E siamo ovunque. Il maggior gruppo di marchigiani all’estero risiede in Argentina. Ed è in questa terra lontana che i marchigiani, con nostalgia di casa natia, inventarono nel 2005 “La Giornata delle Marche”, con ricorrenza il 10 dicembre, in concomitanza con la solennità della Madonna di Loreto. La giornata viene celebrata ovunque ci siano corregionali. Un modo per sentirci riuniti, organizzando cerimonie, conferenze e iniziative culturali.

Le nostre origini sono lontane nel tempo, affondano le radici nella preistoria, all’Età del ferro, quando c’erano i Piceni. Molte le testimonianze, da sud a nord della regione. Senza andare troppo per il sottile, sorvolando su date e sfumature, diciamo che tra Piceni, Galli, Greci, Romani, abbiamo ricevuto influenze storiche diversificate e importanti, forgiando le caratteristiche territoriali e degli insediamenti. Probabilmente, la grande ricchezza dei dialetti attuali è dovuta alle diverse fasi delle dominazioni. In particolare, segnaliamo quando il nord della regione era sotto l’Impero romano d’Oriente (da Ancona in su), mentre il sud era con i Longobardi. Questo spiegherebbe i diversi stili linguistici, talvolta netti, facilmente riscontrabili quando viaggiamo in lungo e in largo nel territorio regionale.

Nel secolo XI la regione, così come la vediamo oggi, tornava unita con il nome Marca di Ancona. Ma già esistevano i “marchesati”, affidati dagli imperatori romani ai nobili feudatari, come, ad esempio, la Marca di Camerino e la Marca di Fano che avevano anche lo scopo, le varie “marche”, di delimitare i confini. Successivamente, nel 1815, lo Stato Pontificio modificò il nome da Marca di Ancona a Marche. Il nome è rimasto plurale, derivante dalle varie marche preesistenti. A proposito, il nostro capoluogo si chiama così grazie ai Greci che fondarono Ankón, nel 387 a.C. e già allora era importante l’attività portuale. Ci sono vocazioni che resistono ai millenni e diventano ben strutturate.

Non possiamo ignorare il famoso detto “meglio un morto in casa che un marchigiano alla porta” che ha solidissime spiegazioni storiche. Tutti lo sappiamo, ma ricordiamolo. Il Papa Sisto V, marchigiano di nascita (Grottammare), fidandosi maggiormente dei propri corregionali, a fine del 1500 affidò, ai cittadini marchigiani prescelti, il ruolo non proprio simpatico di riscuotere i tributi per conto del papato, ai tempi dello Stato della Chiesa. Deriva da questa scelta la nota frase. I debitori, quando scorgevano i nostri avi, nei territori dello stato, avrebbero preferito non vederli e si diffuse quel modo di dire, tuttora scherzosamente ribadito al di fuori della regione.

Accennavamo ai tanti personaggi, nel campo dell’arte ma anche nelle scienze, architettura, medicina. Riportiamo solo alcuni nomi che in seguito, con altro articolo, approfondiremo. Raffaello Sanzio, per iniziare, il pittore del Rinascimento conosciuto anche negli angoli più lontani del pianeta. Gioachino Rossini, il grande operista; Giacomo Leopardi, tra i massimi poeti dell’Ottocento; Maria Montessori, apprezzata per il suo rivoluzionario metodo didattico, tuttora applicato in molte scuole in tutto il mondo. E poi, Beniamino Gigli, e decine di altre grandi personalità in tutti i tempi, anche moderni. Come non ricordare il grande Enrico Mattei nel secolo scorso, protagonista di un certo sviluppo economico nazionale? Così come oggi, il sempre giovane Valentino Rossi nello sport.

La gastronomia, grazie alla diversificazione del territorio, è estremamente varia. Giusto per citare qualche tipico piatto, elenchiamo alcuni esempi in ordine casuale: i vincisgrassi, i passatelli, le olive ascolane, il brodetto con tutte le sue varianti, lo stoccafisso all’anconetana, le zuppe, i cannelloni, i maccheroncini di Campofilone, le alici marinate. L’elenco completo è pressoché infinito. Un altro capitolo è la cultura popolare, i modi di dire, legati ai dialetti, ad usi e costumi locali. Davvero tanti, al punto che necessariamente ci dobbiamo tornare con altre pagine, prossimamente. Chiudiamo con uno di questi, non il più famoso, ma che sicuramente molti conoscono e che, tra noi, non occorre spiegare: “Ce sendi cerqua?”, originaria del maceratese ma che si è diffuso anche in altre zone.

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