Amalia Moretti Foggia, la storia del dottor Amal e di Petronilla

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Negli anni in cui essere donna era complicato se si volevano esplorare territori storicamente maschili, una bella ragazza di Mantova, al secolo Amalia Moretti Foggia, ha qualcosa da raccontare con la sua storia esemplare, fatta di conquiste personali, coronate da successo. Stiamo parlando degli anni che vanno da fine ‘800 alla prima metà del ‘900.
Amalia nasce a Mantova nel 1872, figlia di un farmacista che portava avanti, da più generazioni, l’attività di famiglia ch’era iniziata nel ‘700 come “speziali”. La ragazza interrompe la tradizione, si laurea prima in Scienze Naturali a Padova e poi, a sorpresa, si immatricola a Bologna per conseguire nel 1898 la laurea in Medicina, con il bel risultato di essere la terza donna a conseguire quel titolo. Infine si specializza in Pediatria a Firenze, ed è la prima pediatra italiana.

Nel capoluogo toscano conosce Anna Kuliscioff, anche lei medico, giornalista e “rivoluzionaria”: fa parte degli esponenti di spicco, nonché cofondatrice, del Partito Socialista Italiano. Anna ha un notevole carisma, tra le due è subito amicizia e si spostano entrambe a Milano. Per Amalia è l’inizio di una vita davvero densa e ricca di risultati. Per circa 25 anni si dedica prevalentemente alla professione medica, diventando anche medico personale di una scrittrice e poetessa molto in voga in quel periodo, Ada Negri, prima e unica donna ammessa all’Accademia d’Italia. L’amicizia con Ada le risveglia passioni e opportunità culturali. Successivamente, pur senza abbandonare la professione di medico, Amalia diventa giornalista del settimanale La Domenica del Corriere, piuttosto potente al tempo e molto letto per quasi un secolo, con le belle copertine disegnate da Achille Beltrame prima, e da Walter Molino poi.

La Domenica del Corriere consente alla dottoressa di compiere interessanti iniziative: coniugare le competenze mediche con un certo interesse per il sociale – le frequentazioni nel partito socialista nei primi tempi milanesi avevano lasciato dei segni – aggiungendovi il tocco femminile.  E qui inizia il racconto più affascinante, quello del dottor Amal e dell’esperta culinaria Petronilla che altro non sono che suoi pseudonimi. Sì, sono tempi difficili: quale persona si affiderebbe nei primi decenni del ‘900 ai consigli medici di una donna? Amalia inventa una rubrica, La parola del Medico, con l’intento di aiutare le persone svantaggiate, quelle che avrebbero fatto fatica ad andare in uno studio medico, e lo fa con il nome maschile di Amal, anche consigliata in tal senso dall’editore.

Non del tutto appagata nel suo bisogno di soddisfare molteplici aspetti della vita, con il desiderio di stimolare la fantasia delle persone in un periodo reso difficile dalla povertà e dalle carenze di molti alimenti, gestisce una seconda rubrica, Tra i fornelli, con lo pseudonimo di Petronilla. Non si pensi ad una rubrica di cucina tipica, così come ci aspetteremmo oggi, nell’epoca in cui gli chef sono i nuovi divi. Per Amalia Petronilla la sfida è ben più ardua, nulla a che vedere con l’eleganza e inventiva gastronomica del terzo millennio, non tanto nei primi periodi quanto in seguito: lei deve “inventare” quello che non esiste e con ciò che non si trova. Siamo nella seconda guerra mondiale, e il cibo è razionato. Petronilla, alias Amalia, ha l’idea geniale, e che ha contribuito a renderla celebre, di inventare le ricette del “senza”. Se il latte non lo si trova, se le uova scarseggiano, se l’olio è roba da ricchi, se la farina è un lontano ricordo dei tempi belli, lei riesce nell’arte del trasformismo culinario: suggerisce accorgimenti e trucchetti vari per far apparire la pietanza “come se fosse”.

Inventa ricette per fare la maionese senza olio, un créme caramel senza gli ingredienti fondamentali, latte e uova. La filosofia è: se le cose mancano, facciamo finta ci siano, rendiamo comunque belle e appetibili le pietanze. Un successo enorme, che si tradurrà anche in libri pubblicati, e che l’accompagna fino alla fine della sua vita, nel 1947, a Milano.
Anche la rubrica medica gode di molto consenso. Il suo modo di fare è affabile ed amabile, quasi confidenziale. E la gente, soprattutto quella semplice, apprezza molto. Se il dottor Amal e Petronilla sono amati e stimati, Amalia, pur gratificata e soddisfatta, in più occasioni esprime una nota di rammarico: le sembra strano che i posteri ricorderanno i personaggi con gli pseudonimi e poco sapranno della donna, medico e giornalista, dietro quei nomi.

«È come avessi iniziato a vivere due esistenze differenti e complementari», sono le sue parole. Ma la frase che più d’altre sorprende e che ci dice molto sulla sua genialità e consapevolezza è: «Vorrei poter dire senza falsa modestia che ho sempre mal sopportato di essere stata una donna davvero moderna per i miei tempi». Ecco, in questa dichiarazione c’è il sunto della sua storia. Amalia è stata modernissima allora come sarebbe moderna oggi. Potremmo concludere dicendo che chi “buca” i limiti storici e sociali ha in sé quella carica di rivoluzionario antropologico tale da consentire il perpetuare del cambiamento. Donne così, in ogni fase storica e ogni cultura, aiutano ad andare avanti, a dare un volto all’emancipazione, al rinnovamento e alla modernità.

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