Il tempio della dea Cupra a San Martino di Grottammare

La Chiesa di San Martino a Grottammare

di AMERICO MARCONI –

C’è una piccola chiesa a Grottammare che custodisce preziose tracce di storia e che merita una visita attenta. È la chiesa abbazia di San Martino. Nel X secolo si hanno le prime notizie del luogo. Quando l’abate Ildebrando di Santa Vittoria, monaco benedettino farfense, dona al figlio Alberto: «curtem Sancti Martini/la corte di San Martino». E il primo documento che attesti l’esistenza del monastero di San Martino è del 1030.

Sopra il portone d’ingresso della chiesa di San Martino spicca una punta di piede in marmo, appartenuto ad una statua colossale di epoca classica. L’interno è diviso in tre navate. Presso il quarto pilastro della navata destra, è murata un’epigrafe latina. L’iscrizione attesta che nel 127 d. C. l’imperatore Adriano: «TEMPLUM DEAE CUPRAE RESTITUIT/restaurò il tempio della dea Cupra». La sua presenza fa pensare che qui sarebbe esistito, prima della Chiesa, un tempio dedicato alla dea Cupra. Un’acquasantiera ricavata dal marmo con scolpito un elmo su resto di colonna (sotto l’iscrizione), due antichi e pesanti blocchi di marmo posti a balaustra del presbiterio, pietre arenarie, mura esterne di fattura romana rafforzano tale idea. Tra l’altro era consolidata usanza edificare chiese su templi già esistenti, riutilizzando i materiali degli stessi. A sottolineare il trionfo del nuovo Dio sulle divinità pagane.

Ma chi era la dea Cupra? Una divinità umbro picena, di cui non conosciamo il volto ma solo il nome. Inciso, prima dell’epigrafe adrianea, su due piccole lamine in bronzo del IV e III secolo a. C. Ritrovate in Umbria, a Colfiorito e Fossato di Vico. Cupras matres… sull’una e Cubrar matrer… sull’altra. In ambedue la madre Cupra. Divinità femminile, manifestazione di una primordiale Grande Madre, legata alle acque, alle fonti, alla fecondità e alla prosperità. Per Strabone fu l’Era dei Tirreni che costruirono il tempio tra l’VIII e il IX secolo a. C. Simile alla Bona dea latina e romana. Molto vicina ad Afrodite, la Venere romana, dea della bellezza e dell’amore. Afrodite che, per Esiodo, nacque dalla spuma del mare e approdò in una conchiglia all’isola di Cipro. Per questo è detta Cypria; altro appellativo della stessa Cupra. Infatti le donne picene prediligevano ornarsi con conchiglie di tipo Cypraea, trasportate da mercanti greci. L’imperatore Adriano dedicò e costruì proprio a Venere il più grande tempio esistente a Roma. Di riflesso alle dee nominate, il volto sconosciuto della dea Cupra assume tratti d’amorevole bellezza.

È obbligato un richiamo all’anellone a nodi piceno, tipico manufatto in bronzo realizzato nelle nostre zone intorno al VI secolo a.C. Questo cerchio con protuberanze sulla circonferenza è ritrovato nelle tombe di donne picene, appoggiato sulla regione pelvica, a simbolo di vita e fertilità (vedi articolo). Probabilmente collegato a una carica sacerdotale che la donna espletava presso il tempio della dea Cupra, o nei dintorni di esso. Dal tempio,

L’anellone a nodi piceno, un oggetto pieno di fascino e mistero

salendo per circa tre chilometri verso nord, in località San Paterniano e Monte delle Quaglie, ad inizi 900, furono rinvenute numerose tombe e sette anelloni a nodi. Come vennero alla luce nel limitrofo territorio di Cupra Marittima.

Uscendo dalla chiesa, sul primo pilastro a sinistra, colpiscono i resti di un affresco raffigurante una Madonna che allatta Gesù. Se la dea Cupra fu protettrice delle fonti d’acqua e della fecondità, la Madonna del Latte cristiana facilita – attraverso l’acqua – il parto e la formazione del latte nelle puerpere. Ma questo argomento, collegato alla presenza di una fonte del latte nelle immediate vicinanze, sarà oggetto di una prossima gita.

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L’epigrafe dell’imperatore Adriano