Ramakrishna, Brunilde Neroni ed io. Cronaca di una serata dedicata ai “Detti di un maestro yoga”

di ROSITA SPINOZZI –

Presentare Brunilde Neroni è per me sempre fonte di grande emozione, nonostante l’amicizia che mi lega ormai da tanti anni a questa donna straordinaria, nota al grande pubblico non soltanto per aver tradotto i libri dei più grandi poeti indiani, ma anche per il suo lodevole impegno sul fronte dell’ecumenismo e pacifismo. Scrittrice, italianista e orientalista, Brunilde nel maggio 2008 ha ottenuto La Ruota dell’India, la massima onoreficenza indiana per meriti culturali in quanto “messaggera della cultura orientale in Occidente”. Ed è tuttora l’unica donna ad aver raggiunto questo ambito traguardo. L’affetto e la stima che accompagnano questa signora dai nobili natali (è figlia del Conte Luciano Neroni, celebre basso lirico ripano) sono veramente notevoli e direttamente proporzionali alla sua umanità, intelligenza, spessore culturale e simpatia. Brunilde mette a proprio agio le persone che si avvicinano a lei, desiderose di saperne di più su quell’affascinante parte del mondo che lei ben conosce attraverso le parole dei poeti indiani e i numerosi viaggi che ha intrapreso in loco, durante i quali ha avuto modo di conoscere e trascorrere del tempo anche Madre Teresa di Calcutta.

Pertanto non c’è da stupirsi se è stato un pubblico numeroso e assai partecipe quello che, giovedì 6 settembre, ha preso parte alla presentazione del libro “Detti di un maestro yoga” di Ramakrishna, che Brunilde ha tradotto per la casa editrice Lindau, a cui si aggiungono anche “Canzoni dell’amore infinito” di Kabir e “Il canto del beato” di Bhagavadgita. Ad ospitare l’incontro, organizzato dalla libreria La Bibliofila e il Club degli Incorreggibili Ottimisti è stato lo chalet “Club 23” dove in tanti hanno applaudito l’ultimo, eccellente lavoro di traduzione da lei effettuato, dopo essersi cimentata negli anni passati con i libri  del poeta indiano Tagore, ma anche di Gandhi, Kabir, Tukaram, Ramakrishna, Aurobindo e tanti altri ancora. A fare gli onori di casa hanno pensato Mimmo Minuto, deus ex machina dell’evento, insieme a Paolo Perazzoli, presidente del Club degli Incorreggibili Ottimisti, mentre alla sottoscritta l’onore e l’onere di dialogare con la scrittrice che ha dato un’ampia visione della poetica del “Vagabondo di Dio”, Gadadhar Chattopadhyay conosciuto come Sri Ramakrishna Paramahansa (Paramahansa-il grande cigno, nome che gli aveva attribuito Gandhi ndr.), mistico indiano ritenuto uno dei più grandi maestri dell’umanità al pari di Socrate e Buddha. Nato nel 1836 in Bengala da una famiglia di contadini, Ramakrishna sosteneva l’armonia di tutte le religioni ed è il primo dei guru moderni ad avere influenzato tutti gli altri. Non ha lasciato nessuna opera da lui composta, ma i suoi discepoli hanno trascritto e conservato i suoi discorsi e la raccolta “Detti di un maestro yoga” racchiude, appunto, una selezione di detti (venivano proposti prima della meditazione) e parabole (storie brevi raccontate durante la cena, in un clima conviviale) tratti dalla raccolta in cinque volumi curata da Swami Saradananda, il più amato dei figli spirituali di Ramakrishna.

Un libro di facile comprensione e adatto per quanti desiderano avvicinarsi allo yoga. Ma anche un libro in cui emerge fortemente il “mantra” del Maestro, ovvero “alleviare la miseria degli umili e dei poveri”. Ramakrishna, infatti, voleva la gioia per tutte le creature, ed i suoi insegnamenti enfatizzano la realizzazione spirituale come il più alto obiettivo della vita. Due gli aspetti che, a mio avviso, sono importanti per meglio comprendere la sua figura. Il primo consiste nella differenza che intercorre tra lui e i guru di fine ‘800: mentre questi ultimi, pur vivendo nella stessa casa con i discepoli, mantenevano una sorta di “distacco” da loro, Ramakrishna, al contrario, trascorreva tutto il suo tempo con loro, al punto tale da condividere anche le più umili mansioni della vita quotidiana. L’altro, invece, è il “parallelismo” con San Francesco d’Assisi: pur essendo agli antipodi, c’è tuttavia un idem sentire tra i due religiosi, che è possibile riscontrare in diversi detti di Ramakrishna, sintetizzabili nel pensiero “non si può conoscere Dio finchè non lo si è visto in ogni persona”.

Per gli appassionati del settore, Brunilde Neroni ha consigliato la lettura della biografia di Ramakrishna scritta da Romain Rolland, scrittore e drammaturgo francese, Premio Nobel per la Letteratura nel 1915. Sicuramente una delle più interessanti, così come è interessante il pensiero  del “Vagabondo di Dio”, che morì alla soglia dei cinquant’anni. E con grande serenità, disse ai discepoli di non angustiarsi, perché morire è come passare da una stanza all’altra.

Molto interessante il dialogo che si è instaurato con il pubblico presente, generoso di domande e assai preparato sull’argomento tanto da aver conferito un valore aggiunto all’ottima riuscita dell’evento. Raramente si riscontra un coinvolgimento così ampio. E anche questo, mio avviso, è merito del carisma di Brunilde Neroni, giustamente considerata un’eccellenza che varca i confini del nostro territorio. L’incontro si è concluso con l’affettuoso saluto del pubblico e un gradito omaggio floreale di Luciana Cameli.

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