Venezia, oh cara!

di MASSIMO CONSORTI –

La questione è semplice e il conto presto fatto: quattro bistecche, una frittura mista di pesce, acqua e servizio, totale 1100 euro. Le vittime? I soliti turisti giapponesi, che saranno pure giapponesi ma non sono affatto stupidi. E infatti, il tempo del viaggio di ritorno da Venezia a Bologna dove studiano all’Università, e i ragazzi del Sol Levante sono andati in questura a presentare regolare denuncia.
Il gruppo degli studenti giapponesi era però più numeroso, e una parte di loro, dopo aver visto il locale dove gli altri si sono fermati a mangiare, ne hanno scelto uno a poca distanza; decisamente non gli è andata meglio, tre piatti di pasta con il pesce, 350 euro. In questo caso sembra che la colpa sia tutta del cameriere il quale, approfittando del fatto che i clienti non parlassero una parola di italiano, ha servito loro pasta e aragosta.
Ormai è un vezzo. Nelle città storiche e turistiche italiane, ogni tanto accade che qualcuno faccia il birichino, quasi a dimostrare che tutti i luoghi comuni sugli italiani truffaldini, non sono proprio luoghi comuni. A Roma, specie in estate, si corre il rischio di pagare un toast e una birra 50 euro, figuriamoci un piatto di carbonara. La scorsa estate, alcune località della Riviera Ligure sono state fatte oggetto di denunce e di pessimi giudizi su Tripadvisor proprio per i costi eccessivi di cibo e bevande e non sempre di qualità.
Basta accorgersi che i turisti di turno hanno qualche difficoltà di comprensione della lingua, e i ristoratori si scatenano con la bava alla bocca e il sangue agli occhi, in una ridda di prezzi ingiustificati.
Ma il fatto di Venezia, qualche strascico lo sta lasciando. A parte i commenti sferzanti sui social “Scadente il servizio, l’ambiente, il trattamento dei clienti. Qualità da take away. Non ci andrò mai più, nemmeno per un caffè; “Imbarazzante per il nome dell’Italia”; “Da chiudere immediatamente”, si è mosso il sindaco Luigi Brugnaro promettendo punizioni a destra e a manca, e il gruppo civico “25 aprile” che sta seguendo passo passo la denuncia.
Alla fine di questa storia di ordinario malaffare, resta una sconsolata considerazione. Il titolare e il gestore del ristorante da 1100 euro, sono rispettivamente una cinese e un egiziano. Nell’area di piazza San Marco solo l’1 per cento dei ristoranti è ancora nelle mani di imprenditori locali, una percentuale che sale al 50 per cento nell’intero centro storico. La gran parte dei locali è passata di mano all’imprenditoria cinese, albanese e mediorientale. In questo caso il razzismo, in piena globalizzazione, non c’entra una mazza, si tratterebbe solo di difendere la nostra tradizione di qualità e accoglienza.
E non è vero che pecunia non olet, perché in questo caso puzza di pesce marcio.