“Guardare gli alberi” e quello che c’è intorno… mostra di Enrico Pierotti a Ripatransone

di PIER GIORGIO CAMAIONI (PGC) –

Enrico Pierotti, “Guardare gli alberi”, a cura di Alex Urso, Ripatransone, Fiuto Art Space (17/2 – 12/4 2024) –

Guardare gli alberi e quello che c’è intorno cancellando case fabbriche strade macchine e gente. Guardare gli alberi, ramo per ramo. E insieme guardare i prati filo d’erba per filo d’erba, guardare i fiori petalo per petalo, guardare l’acqua goccia per goccia… Poi, col pensiero, guardare il silenzio e “ascoltare il suono che fa” (Debussy), questo nostro paesaggio senza i suoi assassini (case fabbriche strade macchine e gente), che Enrico Pierotti ben cancella con la sua arte gentile “tra astrazione e figurazione”.  Peccato sia difficile per noialtri astrarci dalle vergogne edilizie e ambientali cui siamo abituati, e magari bastassero 8 quadri: mancano coscienze pulite, menti libere, mezzi ed energie, per arrestare la distruzione spinta del paesaggi. (In realtà i quadri sono 8 più 3: esci da FIUTO, fa’ 30 metri di bolina a babordo – eh, spesso c’è vento -, entra nel nuovissimo spazio soft della Cantina dei Colli Ripani a farti un buon rosso e potrai guardare altri 3 piccoli amabili paesaggi-senza-paesi, come quegli altri ma diversi).

Quadri sorridenti, non guardano la televisione, non leggono i giornali. Quadri di design primitivo, senza prepotenze geometriche o pretese di moderne utilità. Quadri di ingenua libertà, dai confini morbidi segnati dal verso dell’erba pettinata dal vento. Quadri di bellezza involontaria che non invecchia e non si trucca. Quadri di facili paesaggi difficili da trovare. Quadri ruralmente eleganti ma non competitivi. Poco mercantili. Fatti “per sottrazione”, con residui di sogni, cancellando tutto quello che disturba. Quadri realistici con dell’irreale nei colori anche (im)puri e (in)saturi (quel verde malachite, quei gialli post-impressionisti…). Quadri che sembrano un po’ pensieri dipinti (un’architettura dell’illusione), invece sono contemporanei e comprensibili, non hanno bisogno dell’incomprensibile critico.

Quadri di paesaggi con qualcosa di tuo, che trasportano emozioni e hanno dentro l’ambiente e la vita, e perciò hanno forse innata anche la musica. Non qualsiasi musica, non canzonette. Piuttosto classica, o (quasi) jazz (compresa la sublime brodaglia di Keith Jarrett…). Come si legge in Paesaggi sonori – v. ultimo numero di “Robinson” – a proposito di Claudio Abbado: che traeva ispirazione immensa dalla natura e per ore, di fronte alla finestra, se ne stava “intrecciando con la bacchetta i suoni di rami, foglie e fiori”; e di  Debussy che immaginava una musica “che si rincorra e plani sulle cime degli alberi nella luce libera dell’aria”: una Sinfonia della Natura. Che Enrico Pierotti sia anche un musicista come si deve, e non ce l’ha detto?

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