“Logos Infinito Volume 2”: in mostra a Recanati le opere di Giacomucci, Marchetti e Ricci

di REDAZIONE –

Aperta a Villa Colloredo Mels “Logos Infinito Volume 2” a cura di Gianluca Marziani. In mostra le opere di Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci –

RECANATI – Al via il secondo capitolo per il progetto diffuso Logos Infinito, a cura di Gianluca Marziani al Museo Civico di Recanati, Villa Colloredo Mels, cuore dell’intero progetto artistico contemporaneo sul linguaggio leopardiano. «Lieti di presentare il secondo capitolo del progetto di arte contemporanea Logos Infinito che vede aggiungere alla mostra originaria l’esposizione  delle opere di tre nuovi artisti Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci. – ha dichiarato il sindaco Antonio Bravi – Un ampliamento della mostra d’ arte contemporanea che propone nuovi spunti di riflessione tramite  un dialogo con i nostri patrimoni artistici presenti al Museo Civico di Villa Colloredo Mels». Nel primo capitolo di Logos Infinito, inaugurato nel dicembre scorso, erano sei gli artisti selezionati da Marziani per la realizzazione dei vari interventi: Sveva Angeletti – Matteo Attruia – Donato Dozzy – Sara Leghissa – Manu Invisible – Numero Cromatico; quattro i siti interessati, ovvero tutte le strutture che compongono il circuito museale civico “Infinito Recanati”: Museo Civico Villa Colloredo Mels, MUM – Museo della Musica, Torre del Borgo, Chiesa di San Pietrino (c/o Ufficio Turistico).

«In questa seconda  tappa di Logos Infinito abbiamo integrato le opere dei nuovi artisti con quelle già  presenti, in un percorso legato al linguaggio leopardiano che dà una nuova idea di arte contemporanea diffusa all’interno  delle sale del  Museo Civico di Villa Colloredo Mels. – ha affermato l’assessora alla cultura Rita Soccio –  In mostra si potranno ammirare anche le incisioni delle studentesse e degli studenti del liceo “G. Leopardi”, realizzate nella stamperia di Palazzo Venieri, un progetto unico a livello nazionale». «In questa mostra le opere di Roberto Giacomucci, Giulio Marchetti e Mario Ricci  entrano in radiosa sintonia con l’apparato teorico del progetto e con legrandi opere storiche già presenti nel Museo  – ha spiegato il curatore Gianluca  Marziani – Tra tutti, spicca l’allestimento che ho realizzato con un quadro di Mario Ricci posto di fronte alla Trasfigurazione di Lorenzo Lotto, un dialogo tra un’idea di pittura contemporanea rarefatta asciuttissima basata  su un’apparenza di una parola e l’esplosione rinascimentale del colore della struttura iconografica dei temi narrativi di Lorenzo Lotto».

Oltre alle opere dei nuovi artisti, la mostra presenta nuovi allestimenti per i lavori che appartenevano al primo capitolo. Un sistema che conferma la natura liquida e diffusa del progetto, lungo schemi che creano nuove relazioni con la memoria, nuovi cortocircuiti dialettici, nuove angolazioni del contenuto. Logos Infinito parte dalla figura di Giacomo Leopardi e dalla sua eredità universale, per indagare il Linguaggio come ragione filosofica di un processo artistico che esprime nuovi sguardi etici sul presente. La poesia più nota di Leopardi, L’Infinito, traccia la struttura ideale su cui regolare la trama del progetto: frasi o parole diventano la griglia d’ingaggio degli interventi artistici, dove la scomposizione del testo ricompone la psicogeografia di Recanati, disegnando una planimetria d’interventi sulla misura ideale degli spazi individuati: molteplici espressioni visuali che utilizzano il Testo nella sua estensione polisemica e trasversale. Le parole che definivano l’arte incarnano la nuova natura dell’espressione artistica; l’opera visiva che agisce sul Logos unisce il tema iconografico alla Parola, togliendo a quest’ultima la funzione esclusiva di monade grammaticale, orientando il testo scritto negli ecosistemi diffusi del nuovo paesaggio artistico. Logos Infinito è un progetto fortemente voluto dall’Assessorato alle Culture e Turismo del Comune di Recanati, prodotto da Sistema  Museo e realizzato in collaborazione con Fratelli Guzzini.

A seguire alcune note sui nuovi artisti e sulle opere in mostra a Logos Infinito Volume 2

Roberto Giacomucci, proveniente dal Sistema Design nelle sue declinazioni artigianali e industriali, presenta due momenti che delineano un ingaggio metafisico tra volumi e materie. Da una parte i quadri che incorniciano alcune reazioni chimiche, debordanti oltre la funzione d’uso, fonte di pattern spontanei che tessono tramature ad effetto random, secondo un’alchimia olistica in cui la materia diviene rizoma grammaticale tra microscopico e cosmogonico. Una sorta di lessico cellulare che ripensa il pavimento della pittura in un codice di infinite strofe cromo/geometriche, ognuna diversa dalle altre, ognuna protesa in un dialogo espressivo con le neutralità del tipico white cube. Da qui si distende la digressione plastica oltre la pittura, un’azione in cui le sculture di Giacomucci – native digitali con sviluppo reale solo per alcune – ricompattano la chimica cromatica in un dinamismo tra geometrie volumetriche, colore puro e spinte gravitazionali. Esplosione pittorica e implosione scultorea per legarci ai temi ambiziosi di Leopardi, per riflettere sui contenuti filosofici del poeta attraverso il superamento della finitezza nella geometria (e nella scrittura).

Giulio Marchetti appartiene ad una genia di artisti (neonativi) cresciuti fuori dalla filiera del sistema novecentesco, più liberi nei metodi d’ingaggio, liquidi nei processi semantici e concettuali. Il suo approccio, consapevole dei tracciati formativi, ha capito un dato di sostanza: non si può appartenere al presente digitale se non si selezionano i giusti collanti umanistici, operando con approcci non più accademici e stringenti, al contrario elaborando un personale sistema integrato che si muova su direzioni rizomatiche, secondo schemi che superano il verticalismo gerarchico e le vecchie ideologie orizzontali. La formulazione del suo linguaggio digitale vive in una costante dialettica con la frase e la sua declinazione prosaica, così da filtrare la natura poetica dentro il sistema nervoso e muscolare dell’immaginario digitale. Un percorso memestetico – come teorizzato da Valentina Tanni – in cui l’immagine compatta ed esplica la sua narrazione interna, diventando storia conclusa ad effetto detonante. Se ci pensiamo bene, immaginando un Leopardi in azione nel ventunesimo secolo, non sarebbe così assurdo ritrovarlo a cimentarsi con quartine in forma di meme. Il futuro, costruito nel rituale del presente capitalista, non è mai stato così vicino ad una nuova estetica della Poesia.

Mario Ricci utilizza la pittura per fondere testo e immagine nel suo sistema mimetico e depistante. Dentro i suoi cicli tematici intercetta le traiettorie di uno spazialismo battesimale, dalle parti di Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, evolvendo quei moti estroflessi in un richiamo ad animali, oggetti e corpi del reale sublimato. E’ come se sotto la sua tela spingesse una mosca per rompere la superficie e volare verso lo spettatore: un trucco ottico che racconta di una pittura tra fisica dell’apparire e metafisica del pensiero puro; un continuo depistaggio visivo che oggi intercetta le linee poetiche del testo leopardiano e le ingloba al suo apparato di sedimentazione linguistica. Lettere che si trasformano in un rito geografico sulla superficie dai colori metafisici, lettere che volano oltre la frase per scomporre la natura letteraria in un caos armonico che attualizza gli echi leopardiani. Lettere in un vortice randomico che chiedono una partecipazione del nostro sguardo, per integrarci al rito poetico del presente, per sedimentare la cultura pittorica dentro la natura mobile delle nuove narrazioni.

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