Aurora Maria Fantone: «L’arte chiama arte. Personalmente ne ho fatto un mantra»

di ROSITA SPINOZZI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Aurora Maria Fantone ha 19 anni e le idee ben chiare su stessa, su quello che si aspetta dal futuro e, soprattutto, sul fatto che “arte chiama arte”. E ha ragione. La nostra è stata molto più che una intervista, ma uno scambio reciproco di opinioni che hanno al centro l’amore comune per la cultura, il teatro e gli studi classici. Aurora Maria vive a Colonnella ed è una studentessa del Liceo Classico “G.Leopardi” (classe V A), la “mia” scuola. In lei rivedo lo stesso fervore ed entusiasmo che ha caratterizzato la mia gioventù, vissuta in un periodo in cui, oltre il contesto scolastico, era decisamente più complicato portare avanti certe inclinazioni culturali. Con la poesia “Perdersi”, un eccelso componimento dal ritmo incalzante, Aurora è la terza classificata al concorso “Aria. Respirare poesia” realizzato dall’Associazione MultiCulturale VisionAria. Impegnata nella realizzazione di uno spettacolo teatrale interamente diretto da lei, dopo il liceo nel suo futuro ci sarà una carriera giuridica. Così come ha la certezza che l’arte, nelle sue varie forme, farà sempre parte del suo cammino. Sarà un connubio affascinante, inteso un po’ come due facce della stessa medaglia che Aurora Maria saprà di certo far coesistere al meglio. Nel frattempo si dichiara follemente innamorata di Leopardi, ma la persona che ammira più di tutte è sua madre: “un faro nella notte”. Forse è per questo che c’è tanta luce intorno a questa ragazza piena di entusiasmo, intelligenza ed energia.

Aurora Maria, prova descriverti con una frase
Fai della libertà il tuo unico comandamento.

Un tuo pregio e un difetto
Sicura di me e incurabile ritardataria.

Qual è il valore della poesia ai nostri giorni?
La poesia ai nostri giorni riveste ancora un valore molto importante, seppure possa sembrare marginale. Dal mio punto di vista ci sono moltissimi modi di fare poesia, spesso differenti tra loro, ma pur sempre arte. Se ci pensiamo e volgiamo lo sguardo al passato, pochissimi furono gli autori davvero apprezzati dai contemporanei, ma rivalutati poi, eppure tutti loro consacrarono la propria anima alla poesia. Allo stesso modo gli abitanti del presente hanno i loro modi di relazionarsi con la loro poesia, indipendentemente da quello che ne sarà poi e dal rapporto che si ha con essa. La poesia è, infatti, la linfa vitale stessa per l’uomo, attiva nello scriverla e passiva nel rimanerne ammaliati, che sia su un banco di scuola, a teatro, al bar o per strada.

“La paura” in ogni sua accezione, fisica o metaforica: questo il tema del concorso “Aria – Respirare poesia”. Qual è il tuo rapporto con la paura?
La paura è quel sentimento di cui si potrebbe parlare per ore o non dire nulla, perché ha una potenza espressiva e distruttiva allo stesso tempo a dir poco disarmante. È un qualcosa che lambisce da dentro e personalmente è qualcosa di così pregnante che la metafora diventa realtà e la concezione fisica, rappresentazione mentale della stessa. Per quel che mi riguarda ho un rapporto un po’ controverso con la paura e cerco a modo mio di addentrarmi in questa nube, che per indole non posso lasciare inesplorata, anche se ad essere onesta, penso di aver avuto la fortuna di non aver ancora incontrato il mostro.

La tua poesia “Perdersi” ha un ritmo incalzante scandito da una serie di rime in cui sono incastonati termini di antica bellezza. È stata una “prova” difficile? Parlaci della tua poesia e del tuo rapporto con le parole.
Certamente è stata una prova molto complessa. Relazionarsi con la paura, soprattutto da giovani non è facile, ma l’ho trovata un’esperienza molto stimolante. Io e le parole abbiamo un rapporto molto singolare, da sempre simbiotico. La classica espressione “io non ho più parole” non mi descrive proprio, e metterle su carta non è mai stato un problema. Quando scrivo mi lascio pervadere da una dimensione totalmente dionisiaca, preda di un ragionamento altro, che nel corso del tempo si è arricchito di studi ed esperienze. Certo è che nel mio componimento si sente la marcata presenza del mio amore per gli studi classici.

Qual è il tuo autore preferito? I tuoi punti di riferimento?
Non ho un autore preferito. Più che altro ci sono autori che mi influenzano o mi intrigano particolarmente in diversi periodi della mia vita. Costante tra tutti è sempre rimasto Leopardi, di cui sono follemente innamorata al di qua della siepe. Se poi dovessi scegliere, in questo periodo citerei sicuramente Baudelaire e Wisława Szymborska, così come a dodici anni non avrei potuto non nominare E.E. Dickinson.

Una persona che ammiri molto
Mia madre. Forse banalmente, forse inattuale, ma se tra tutte le persone esistenti, vive o morte, lontane o vicine, dovessi scegliere il mio faro nella notte, la persona da cui prendere esempio, certamente direi lei, che oltre a darmi moltissimi insegnamenti, ha fatto e continua a fare della sua stessa vita un insegnamento per me. In fondo come dice Pasolini “Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore/ ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.”

Hai una profonda passione per il teatro, reciti con la compagnia cuprense Associazione Nuova Linfa e scrivi anche testi teatrali. Parliamone…
L’arte chiama arte. Sono sempre stata convinta di questa cosa e sempre lo sarò. Personalmente ne ho fatto un mantra. Il teatro è sin dai tempi dell’Antica Grecia una delle forme d’arte più espressive, che si è evoluta con la società fino ad arrivare ai nostri giorni. Ho iniziato a recitare grazie a un mio caro amico, Simone Amabili, presidente dell’associazione e drammaturgo eccezionale. È stato lui a consigliarmi di mettermi in gioco e da lì e partita la mia partecipazione attiva sul palco, che poi mi ha portata a scrivere, in ambito scolastico, il primo spettacolo interamente diretto da me, che andrà in scena il 22 maggio al Teatro delle Energie di Grottammare e che vedrà coinvolti ragazzi del secondo, del terzo e del quinto anno del Liceo Classico “G. Leopardi” di San Benedetto del Tronto.

Teatro e poesia, sono due universi piuttosto vicini. Poi c’è la tua passione giuridica. Quale “voce” ha il sopravvento su di te?
Più che sopravvento, in realtà si tratta di connubio. Da sempre queste “voci” sono state parte di me e si sono sposate tra loro con la massima naturalezza. In fondo c’è dell’arte millenaria nel diritto, così come teatro e poesia sono due facce della stessa medaglia, motivo per cui nello spettacolo del 22 maggio ho cercato di farle coesistere.

Quali sono le tue predilezioni cinematografiche e musicali?
In questo campo sono piuttosto onnivora: dai grandi classici ai tormentoni, ai film/canzoni di nicchia. Va molto a giornata, una mattina potrei salire in macchina e mettere De André a tutto volume, la mattina dopo ancora Ariete e due giorni a seguire i Maneskin. Allo stesso modo spazio da “serie-spazzatura” a film di Kubrick, regista che io adoro.

Che rapporto hai con i social?
Personalmente vedo i social come un ottimo strumento di condivisione e di divulgazione, se ben utilizzati. Per quel che mi riguarda li uso spesso sia per “dare” che per “ricevere”. Se ci pensiamo, al giorno d’oggi sono uno dei principali strumenti di diffusione di arte.

Come ti vedi tra dieci anni?
Fiera di me, con tante cose ancora da apprendere e alle prese con le prime esperienze nel mondo del lavoro, che spero mi riservi belle sorprese. Ovviamente sempre con un biglietto dell’ultimo spettacolo visto a teatro come segnalibro dell’ultimo acquisto che sto assaporando.

In generale, sei ottimista o pessimista?
Inguaribile ottimista, anti meccanicista.

Quale strada seguirai dopo il liceo classico?
A livello scolastico, avrà la meglio la strada giuridica e procederò il mio percorso studiando Giurisprudenza, per il resto andrò dove mi porta il cuore e sono certa che l’arte, nelle sue varie forme, farà sempre parte del mio cammino.

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Il Teatro delle Energie di Grottammare dove il 22 maggio andrà in scena il primo spettacolo interamente diretto da Aurora Maria Fantone