di ROSITA SPINOZZI –
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “18 febbraio” è il titolo della poesia con la quale Matteo Olivieri ha vinto, a pari merito con Vicky Granatiero, il concorso “Aria. Respirare poesia” organizzato dall’Associazione MultiCulturale VisionAria. Ma è anche la data del giorno in cui, oltre a cimentarsi nella prova, ha vinto la sua sfida con la paura che, comprensibilmente, può cogliere un giovane studente alle prese con un “foglio bianco” da riempire sul momento. E se poi il tema da cui far scaturire i versi è proprio “la paura”, allora Matteo ha portato a casa una duplice vittoria. Eleganza dei versi e metrica sono i punti cardine della sua poesia: Matteo fa un eccellente uso dei termini. Ma nel suo futuro vede più “equazioni” che “versi”, perché ha tutte le intenzioni di cimentarsi nel campo della fisica. Nel frattempo ha già visitato il CERN di Ginevra dove, tramite uno stage rivolto alle scuole superiori, ha avuto modo di interagire con alcuni fisici. Tuttavia spera di avere sempre del tempo per la letteratura che ama profondamente grazie agli “insegnamenti” di Dante, Calvino, Wordsworth. Matteo ha 18 anni, vive a San Benedetto del Tronto, è uno studente del Liceo Scientifico “B.Rosetti” (classe 5M), nutre una grande ammirazione per Piero Angela, non ha rapporti con il mondo social, ritiene il logos (parola-pensiero-ragione) il più grande dono dell’uomo e ha un atteggiamento fiducioso nei confronti del futuro. Non possiamo che essere d’accordo. Ben vengano ragazzi come lui che hanno l’intelligenza e la volontà di credere che il meglio deve ancora venire.
Matteo, prova descriverti con una frase
Ho un po’ di difficoltà a descrivermi. Sono sicuro che i lettori riusciranno a farlo meglio di me dopo aver letto questa intervista. Per descrivere bene qualcosa è meglio essere al di fuori di essa.
Un tuo pregio e un difetto
La profonda dedizione che metto nelle cose, che è sia il pregio sia il difetto: non vorrei mai perdere neanche un briciolo di passione, ma allo stesso tempo dovrei essere più sereno e distaccato. Tuttavia credo che sia un segno di gioventù, quindi ben venga.
Qual è il valore della poesia ai nostri giorni?
Volendo rispondere a questa domanda in modo schietto, direi, ahimè, non quanto meriterebbe, ma questo lo aveva capito già Baudelaire. Volendo indicare un ruolo che la poesia dovrebbe ricoprire ai giorni nostri direi che, innanzitutto, ha un valore conoscitivo: poetando, riusciamo a riflettere su noi stessi e sul mondo che ci circonda. E non è un livello conoscitivo meno degno di altri, ma solo diverso e complementare. In secondo luogo, la poesia ci consente di rallentare, anzi: ci obbliga a farlo. E secondo me al giorno d’oggi ce n’è un disperato bisogno.
“La paura” in ogni sua accezione, fisica o metaforica: questo il tema del concorso “Aria – Respirare poesia”. Qual è il tuo rapporto con la paura?
Credo che sia il rapporto naturale che tutti abbiamo con la paura: cerco di affrontarla.
La tua poesia s’intitola “18 febbraio”, come il giorno in cui è stata scritta. Una coincidenza, oppure un titolo simbolico?
Come nei migliori gialli, non esistono le coincidenze. Il titolo è venuto alla fine. Nella poesia ero partito dalla paura del foglio bianco sopraggiunta non appena ho saputo il tema del concorso, quindi ho pensato: «Per me, oggi, la paura è il 18 febbraio». A quanto pare sono riuscito a vincerla.
I tuoi versi sono lineari, eleganti e permeati di una bellezza contemporanea con richiami classici. È stata una “prova” difficile? Parlaci della tua poesia e del tuo rapporto con le parole
La prova è stata senza dubbio difficile: per me l’eleganza dei versi e la metrica contano molto, e in tre ore è dura pensare a tutto ciò, senza dimenticare di dare contenuto alla poesia. Sono stato un’ora abbondante senza scrivere un verso. Venendo al risultato finale, la mia poesia è una specie di flusso che scorre per analogie e contrasti: i versi incipitari “un foglio bianco / il nero mare” sono eloquenti in tal senso. Ho cercato di esplorare ambiti della paura poco frequentati, perché con un tema così vasto e trattato si rischia di cadere nel cliché: ho parlato della paura del tempo che passa, della paura che è insita nell’attesa, dell’angoscia causata dal non avere scelta, o dall’averne fin troppe. La lirica si conclude con una “genealogia” della Paura: è figlia dell’Ignoto perché noi abbiamo paura di ciò che non conosciamo; è sorella della Speranza perché abbiamo sempre paura che il fatto sperato non accada; ed è madre della Poesia e della Scienza perché sia l’una sia l’altra nascono per vincere le paure più ataviche dell’uomo: i fenomeni naturali, il tempo che passa, la malattia, la morte. Il logos (la parola-pensiero dei Greci), è il più grande dono dell’uomo, è la sua anima. Perciò bisogna farne l’uso migliore. Questo è il mio rapporto con le parole.
Qual è il tuo autore preferito? I tuoi punti di riferimento?
Indicare un autore preferito è impossibile, però posso dire i primi tre, e cosa cerco di prendere in prestito da loro: Dante, per la sua capacità di creare immagini memorabili e per l’idea di letteratura come impegno per gli altri; Calvino, per il suo modo di scrivere così divertito e divertente; Wordsworth, per la serenità e l’amore con cui rappresenta la natura. Mi scuso umilmente con gli altri che non ho citato: senza anche uno solo di loro non avrei avuto la passione che ho per la letteratura.
Una persona che ammiri molto
Piero Angela. Soprattutto per il suo eclettismo, e perché ci ha insegnato che la scienza senza la società è inutile, e la società senza la scienza è povera.
Quali sono le tue passioni? So che giochi bene a scacchi…
“Bene” è un parolone: durante la pandemia ho studiato un paio di aperture e finali, ma adesso gioco solamente quando capita, per divertirmi. Per il resto, il mio “violon d’Ingres” è la chitarra classica. Credo sia uno strumento estremamente versatile, con una gamma di timbri amplissima. E poi è facile da trasportare, quindi perfetta per divertirsi con gli amici.
Che rapporto hai con i social?
Non ho rapporti con i social, WhatsApp a parte. Se voglio condividere una foto o una notizia con qualcuno, preferisco farlo di persona.
Sei un grande appassionato di fisica e matematica, sei stato al CERN di Ginevra e, grazie ad uno stage rivolto alle scuole superiori, hai avuto l’opportunità di lavorare accanto a fisici. Nel tuo futuro vedi più “parole” o “numeri”?
Dipende da cosa intendiamo per “numeri”: da un certo livello in poi, la matematica e la fisica diventano puro calcolo simbolico e letterale. Comunque sì, vedo più “equazioni” che “versi”, tuttavia spero di avere sempre del tempo per la letteratura.
Un’opera d’arte, una città e un libro che ami in modo particolare
Sono un eterno indeciso, nomino due artisti: Constable e Raffaello, hanno una luce che trasmette grande pace e armonia. Per la città, adoro Bologna: è un luogo che ti fa sentire a casa anche appena messo piede lì per la prima volta. Inoltre ha una splendida e secolare tradizione di cultura, scientifica e letteraria. E che dire della cucina? Una favola! Indicare un libro è veramente tosto, comunque dico le “Epistulae ad Lucilium” di Seneca: ritorno spesso a leggerne alcuni passi.
Come ti vedi tra dieci anni?
Migliore, spero: cerco di lavorare su me stesso ogni giorno.
In generale, sei ottimista o pessimista?
Se uno, al giorno d’oggi, si guarda attorno, non può fare a meno di notare tutto ciò che non va. Tuttavia sono fiducioso nel futuro: si vede tanta gente in gamba in giro.
Quale strada seguirai dopo il liceo scientifico?
Sono abbastanza certo che la fisica rappresenterà il mio futuro, vorrei fare ricerca in qualche Università o laboratorio.
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