Andare in brodo di giuggiole, non solo un modo dire ma anche una ricetta

di RAFFAELLA CIUFO –

Non di rado per significare “uscire di sé dalla contentezza” figurativamente usiamo dire “vado in brodo di giuggiole”. Ma perché e che cos’è questo “brodo”? Ce lo dice già Erodoto nelle sue “Storie”, in cui paragonava il dolce sapore delle giuggiole a quello del dattero e in cui inoltre narrava di una bevanda inebriante – appunto “il brodo” – , che si poteva ricavare dalla polpa fermentata di questi particolari frutti. Tale infuso liquoroso era conosciuto anche dai Romani, per i quali l’albero del giuggiolo era simbolo del silenzio e dedicato alla dea Prudenza. Nelle zone di campagna era considerato un albero portafortuna e presso molti casolari si trovavano giuggioli negli angoli esposti a sud-ovest, perché esposizione più propizia alla buona crescita dell’albero. Nel Rinascimento furono i Gonzaga a dare lustro al giuggiolo, con una piantagione presso la loro residenza estiva nelle vicinanze del Lago di Garda, il cui clima ben si addiceva al prosperare di questi alberi. E qui, nella residenza estiva, veniva prodotto uno squisito “brodo di giuggiole”, che veniva offerto a fine pasto ai nobili commensali come digestivo oppure per accompagnare torte o biscotti secchi da inzuppare nella bevanda. La produzione artigianale del “Brodo di Giuggiole” si è tramandata nei secoli fino a noi, sebbene la pianta oggi sia diffusa in poche regioni italiane, come il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana e le Marche. Le giuggiole sono un frutto tipico dell’autunno e se vi vorrete cimentare con la produzione di questo “brodo” idroalcolico, ecco qui sotto la ricetta.

BRODO DI GIUGGIOLE
Occorrente : 1kg di giuggiole mature – 2 grappoli di uva bianca (di preferenza moscato) – 1kg di zucchero – 3 mele cotogne – 1 l di vino rosso (di preferenza corposo) – la scorza di 1 limone – 200g di acqua – garza per filtrare

Procedimento: lavare le giuggiole ed eliminare quelle che presentano ammaccature. Poi versarle in una pentola capiente e aggiungere gli acini d’uva, lo zucchero e l’acqua. Coprendo la pentola con un coperchio, far cuocere a fuoco basso per circa un’ora.
Nel frattempo sminuzzare con tutta la buccia le mele cotogne. Terminata l’ora di cottura, aggiungere nella pentola le mele cotogne, la scorza di limone e il vino e far nuovamente cuocere ma a fiamma alta, girando con un cucchiaio di legno, fino all’evaporazione del vino.
Ora foderare un colapasta con della garza e posizionarlo su una ciotola. Versare nel colapasta il composto, coprire con un coperchio e lasciar percolare nella ciotola per 24 ore. A questo punto “il brodo” è pronto e andrà conservato in bottigliette sterilizzate con chiusura ermetica. Si consiglia  di servire a fine pasto accompagnando un dolce.

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