Salone del Libro di Torino, “La rappresentazione” di Romana Petri: luci e ombre di una famiglia

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

TORINO –L’aereo della TAP aveva da poco iniziato la discesa. Il pilota stava annunciando che sarebbero atterrati entro quindici minuti. Vasco guardò l’ora. Le sette. Una volta tanto un arrivo quasi puntuale. Era inverno, e ormai era già buio, tra poco si sarebbero viste le prime luci di Lisbona riflesse nelle acque immobili del Tago.” Questo l’incipit di “La rappresentazione” (ed. Mondadori), terzo volume della cosiddetta saga di Lisbona. Dopo lo straordinario successo di “Ovunque io sia” e “Pranzi di famiglia”, Romana Petri torna al Salone Internazionale del Libro di Torino per raccontarci luci e ombre di una città che tutti abbiamo amato attraverso Saramago, Tabucchi, Pessoa, una città che la solita convenzionale cartolina ci descrive come solare, estiva e che invece nelle pagine dell’autrice appare fredda, stinta, dove i colori non brillano. La città europea con il più alto consumo di psicofarmaci.

È inverno a Lisbona, una stagione non ospitale, tanto quanto la temperatura emotiva del protagonista Vasco che, dopo la mostra in cui la moglie, la pittrice Albertini, ha ritratto la sua intera famiglia, è costretto a trasferirsi a Roma. “In quella famiglia sembrava sempre che tutti interpretassero un ruolo imparato male, ma che non sapessero nemmeno più essere se’ stessi perché quello, forse non l’avevano imparato mai”. Quella di Vasco è appunto una famiglia portoghese, padre patriarca, il “dinosauro”, tre figli dai caratteri contrapposti, una figlia dalle pessime vicende di salute, un genero. Una famiglia in cui entra ed esce a più riprese una italiana di Roma, pittrice citata con il cognome e realmente esistente, amica storica della stessa Petri, personaggio dalle mille sfaccettature. Un contrasto di sentimenti, affetti e comportamenti narrato con uno stile inconfondibile e un ritmo narrativo apprezzabile.

«Una famiglia molto silenziosa e insieme molto respingente – racconta la Petri – in cui ci si sente per dirsi le solite cose, perché anche se si sa che le cose non vanno bene, incontrarsi significa comunque un po’ negarlo». Un romanzo che racconta del ritorno alle origini di quei “figli che vogliono essere diversi dai genitori che tanto criticano ma che, quando crescono, subiscono l’inevitabile ritorno in seno. Vasco che da ragazzo tanto detestava il padre, ora che è adulto, pur continuando a detestarlo, si accorge sempre più che gli somiglia”. Ed è proprio su quel rapporto padre-figlio che la Petri scrive le pagine più belle. «Credo tutto si compia laggiù, nell’infanzia. Pietre bollenti che ci ritroviamo in mano e che gettiamo in uno stagno scuro, dove non si vedono. Ciò non vuol dire che non siano come dei pesci che torneranno in superficie. Con certi dolori bisogna farci i conti, e più li abbiamo voluti dimenticare, più forte è il rancore che ci impedisce di pacificarci con noi stessi».

Copyright©2021 Il Graffio, riproduzione riservata

foto@IlGraffio.online