di ALCEO LUCIDI –
L’intera comunità locale piange la scomparsa di un promotore di culturale a tutto tondo. Gabriele Brancatelli lo è stato davvero nei gesti, nella vita, in tutto quello che ci ha lasciato. Un’eredità importante e pesante, ma, proprio per questo, ricca di implicazioni che spetta a noi tutti, e alle nuove generazioni, sostenere e diffondere. Autentico cinefilo, nel senso più classico, forse romantico, quasi desueto del termine, collezionista appassionato e tenace, uomo dalle feconde aperture umani e culturali, è stato molte cose assieme. Prima di tutto, nella Milano degli anni Sessanta e Settanta, ricca di fermenti, un attento frequentatore di sale cinematografiche (a dire il vero era nato sopra un cinema e, assieme al fratello, andava a vedere le rassegne di essai su Kurosawa, Fellini, Bergman, che allora venivano proposte in maniera piuttosto naturale). Poi, col passare degli anni, un cinefilo sempre attento a captare tutte le novità del momento ma anche a consolidare un repertorio cinematografico che è andato crescendo nel tempo con un’intensità ed una forza pari solo alla passione messa da chi lo ha nel tempo creato e voluto, quasi fosse una creatura vivente, un organismo da alimentare continuamente.
Infine, la sapienza, l’arguzia, la visione d’assieme che gli derivavano dalle esperienze della grande Milano, capitale europea della cultura (con Strehler, Grassi, Ronconi), oltre la vicenda unica e inimitabile del “cabaret”, una geniale ibridazione del teatro di rivista fuso con la commedia musicale, sospeso tra improvvisazione ficcante e sarcasmo ridanciano, lo spinsero a rendere quel suo cospicuo patrimonio di pubblico dominio. Non la difesa delle rendite di posizione di un uomo di cultura chiuso nella sua “torre d’avorio”, un capitale ad uso esclusivo, ma un irrinunciabile desiderio di condivisione che, unito ad un’idea di cultura trasversale, senza schemi e rigide appartenenze, capace di transitare dagli esiti intellettualmente più alti ed impervi alle manifestazioni più schiettamente popolari, rendesse i suoi film consultabili e visitabili da tutti.
È stata la sua più grande sfida: con la mediateca “Night and Day” di via Pizzi a San Benedetto del Tronto, negli anni Novanta e con la mediateca di Grottammare intendeva, sulla base di un medesimo concetto di fondo, educare i gusti di una platea di spettatori che vedeva sempre più pericolosamente degradarsi. La videoteca è stato il punto di ritrovo di cultori, appassionati, ma anche di persone, come me, che si avvicinavano al cinema per la prima volta, di ragazzi ed adulti, di una folla di ammiratori che, grazie a Gabriele, hanno per la prima volta cominciato a sentire parlare, magari, di Fellini, Hitchcok, Rossellini, Visconti. Erano gli anni d’oro dell’”Home Video” in cui anche grazie a produttori avveduti si è potuto portare il cinema, di ogni genere e tipo, nelle case degli italiani, senza nulla togliere all’industria cinematografica, anzi esaltandone l’interesse (non esisteva ancora la pirateria ahimé!).
La mediateca, l’ultimo e definito esito di ricostruzione di un enorme opera di ricostruzione cinematografica – fatta di oltre diecimila titoli e oggi acquisita e salvata dall’oblio dall’associazione “Blow Up” –, fu forse il suo maggiore assillo dato voleva digitalizzarla e metter a disposizione degli enti locali e, quindi di tutti i cittadini, per la organizzare anche rassegne, festival, dibattiti, dando ulteriore conferma ed impulso ad un progetto culturale, la diffusione della cultura cinematografica che, nel suo caso, è diventato uno stile di vita.
Sarebbe bello che quel fondo da lui così tenacemente gestito e difeso, frutto di anni intenso, generoso lavoro, che quasi non conosceva soste, venisse oggi a lui intitolato. La sua memoria invece, è già parte di questo territorio e sono sicuro che sorreggerà lo sforzo, non semplice, di chi quella cospicua messe di titoli dovrà riorganizzare e tutelare, oltre che la curiosità di chi vorrà, sommessamente, avvicinarvisi.
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