Premio Strega, in viaggio verso la finale. “Giovanissimi” di Alessio Forgione

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

L’abbandono da parte della madre è la sfida più impegnativa che un bambino possa affrontare, può essere paragonato a un lutto. Cinque sono le fasi attraverso cui passa il percorso di elaborazione emotiva di Marco Pane, che tutti chiamano Marocco, il quattordicenne protagonista del romanzo di Forgione. Rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione. Siamo a Napoli, quartiere periferico di Soccavo, dove ragazzini con alle spalle famiglie disastrate vivono per strada, spacciano, picchiano, rubano, sognano una qualche forma di riscatto ma subiscono il fascino maledetto della criminalità. Uno scenario già visto peraltro in molte opere letterarie di successo.

La scuola non offre stimoli e neppure la prospettiva della bocciatura scuote Marocco, che preferisce fare soldi spacciando insieme a Lunno, l’amico del cuore. L’unico spiraglio di luce proviene dalla squadra di calcio dei “Giovanissimi”, la sua vera famiglia. Sogna di comprarsi il motorino, i vestiti firmati, la macchina fotografica, ma poi dovrebbe spiegare da dove provengono i soldi che nasconde nella scrivania al padre, uomo semplice e genitore assente per lavoro che però fa del suo meglio per impartirgli un’etica, dei valori. Il loro è un rapporto fatto di silenzi, un affetto dimostrato coi gesti quotidiani, come spegnere le luci prima di andare a dormire per dirsi “ti voglio bene”.

Marocco rifiuta di accettare il fatto che la mamma se ne sia andata, è ossessionato dal pensiero di lei al punto che i ricordi diventano visioni a occhi aperti. La rabbia lo spinge a trascorrere tutto il tempo tra le sbronze, le canne, i fumetti di Dylan Dog, le partite di calcio con Fusco e Petrone e le corse in motorino con Lunno e Tonino. Sono strade in cui l’illegalità e la violenza sembrano gli unici strumenti di affermazione ed è per questo che nessuno di loro dovrebbe comprarsi una pistola. Perché se te la compri, pure se non te la porti dietro, comunque finisci per usarla. Perché è la possibilità di usarla che ti fa venire voglia di sparare.

E poi un giorno irrompe nella sua vita Serena. La sua prima ragazza, il suo primo bacio, il primo approccio con le emozioni che spoglia il ragazzo della sua solita spavalderia mettendone a nudo le fragilità. Un amore che rende felice e al contempo spaventa, perché Marocco ha imparato che gioia e dolore sono facce della stessa medaglia, corrono di pari passo esattamente come bene e male. É la vita e noi siamo vivi finché ci muoviamo. La vita non è altro che un’inconsapevole attesa. Poi arriva, e fa male.

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