Premio Strega, in viaggio verso la finale. “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

Un nuovo caso per Guido Guerrieri, l’avvocato più famoso d’Italia, l’eroe ironico e a tratti malinconico che per amore di giustizia si trova sempre a combattere in cause più o meno disperate. Stavolta insieme ai suoi collaboratori l’avvocato Consuelo, l’ex poliziotto Tancredi e l’investigatrice privata Annapaola, dovrà occuparsi di Iacopo, un giovane accusato di omicidio e già condannato in primo grado a ventiquattro anni di carcere. Ad incaricarlo è la madre del ragazzo, Lorenza Delle Foglie e non perché ne abbia particolare stima, ma molto più semplicemente perché l’avvocato che l’aveva difeso in primo grado è morto, col suo collega di studio ha litigato, mancano solo sedici giorni all’udienza d’appello e non sa dove sbattere la testa. Guido non può dirle di no, Iacopo è stato condannato ingiustamente e Lorenza non è una cliente qualunque, è la donna con cui trent’anni fa ha avuto una relazione che ha segnato nella sua vita il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

La misura del tempo è un titolo che allude alla difficoltà che abbiamo a comprendere il tempo, a pensarlo al di là di categorie convenzionali. Lo percepiamo come dilatato quando siamo giovani perché ogni giorno si sperimentano novità, mentre scorre sempre uguale quando si è vecchi. Il tempo è un enigma, un’entità che sfugge ma comunque fa rumore e ci costringe a domandarci chi siamo, come ci poniamo nel mondo. Ci sono persone solo di passaggio che però segnano la nostra vita in maniera indelebile. Come Lorenza, che Guido ha incontrato da ragazzo a una festa e con cui avrebbe voluto trascorrere l’intera esistenza prima ancora di conoscerne il nome. O come i genitori purtroppo persi molto presto, dei cui insegnamenti ricorda l’onestà, il rispetto, ma anche la convinzione che nelle cose della vita bisogna essere capaci di sbrigarsela da soli. Guido è un “eroe etico” e un avvocato che con l’avanzare degli anni ha recuperato una profonda umanità, come dimostra la memorabile conversazione che tiene con i giovani magistrati in tirocinio. Una lectio magistralis sul pericolo che tutto diventi quotidianità quando le persone diventano fascicoli e carte e sull’importanza per chi maneggia il diritto penale di essere capace di uno sguardo più ampio, perché dovrà decidere se degli esseri umani debbano essere privati della libertà e perché i conflitti giuridici riflettono spesso dilemmi morali, contrapposizioni fra modi diversi di vedere i valori e la loro gerarchia.

Con una prosa asciutta e scorrevole nonostante i numerosi tecnicismi giuridici a cui la saga dell’avvocato barese oramai ci ha abituati, Carofiglio ci regala momenti di tensione in perfetto stile legal thriller alternati a spunti di grande capacità introspettiva. Un romanzo diverso dai precedenti, più maturo e compiuto. Non mi stupirei se fosse proprio questo a vincere il Premio Strega.

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