Antoine de La Sale, il cavaliere che seicento anni fa salì la Sibilla

Cresta est-nord-est del Monte Sibilla

di AMERICO MARCONI –

Seicento anni fa, il 18 maggio 1420, il cavaliere Antoine de La Sale giungeva sui monti Sibillini. Un cavaliere vero, non eroe di fantasia come il Guerrino detto Meschino nel romanzo di Andrea da Barberino. Di sicuro il romanzo cavalleresco contribuì ad accrescere la fama della Sibilla, profetessa e maga, che passò i confini dell’Alpe. Stimolando la curiosità di Antoine, originario della Guascogna, e legato alla corte Angioina. La prima volta fu in Italia a diciannove anni, nel 1407, scudiero del re Luigi II d’Angiò. Fin da giovane uomo d’armi forte, leale e coraggioso che qualche anno dopo partecipò alla crociata che portò alla presa di Ceuta.

Nel maggio del 1420 Antoine raggiunse i luoghi Sibillini per indagare sulla Sibilla che si credeva abitasse, con le sue ancelle, in una grotta sopra una montagna. Descrisse il viaggio nel manoscritto Le Paradis de la Reine Sybille/Il Paradiso della Regina Sibilla. L’opera è dedicata ad Agnese, eccellentissima e potentissima Principessa, duchessa di Bourbon, contessa di Clermont. La narrazione inizia dal misterioso Lago di Pilato per spostarsi al monte della regina Sibilla. «Monte che è nel paese della marca di Ancona e nel territorio di una fortezza chiamata Montemonaco. Da questa fortezza fino al punto più alto, dove è l’entrata della grotta, vi sono nove miglia». E decide di percorrere quelle nove miglia. Per un tratto a cavallo, accompagnato da Giovanni Sora, dottore di Montemonaco. Poi a piedi, passo dopo passo, ascende il monte. «Bisogna camminare sulla cresta per due miglia, meglio che non tiri vento perché vi sarebbe un grande pericolo. Si prova un profondo orrore a vedere la vallata da tutti i lati, tali il precipizio e l’altezza che è ben difficile credere. Per salire la corona vi è un passaggio pauroso soprattutto in discesa; alla vista della spaventosa altezza, non c’è cuore che non sia timoroso». Poco sopra trova la caverna. Con un’entrata, non più grande di uno scudo, che porta ad uno stanzone quadrato con bassi sedili intagliati nella roccia. Sulla parete i nomi e gli stemmi di persone che affermano di essere entrate ma mai uscite. Uno stretto passaggio s’inoltra nelle viscere del monte, ma decide di fermarsi. Antoine era coraggioso ma non temerario, sapendo che avrebbe dovuto rendere conto alle autorità.

Trascrive nel manoscritto con distacco racconti e particolari ascoltati. Su tutti spicca quello del cavaliere tedesco e del suo scudiero che penetrarono nella profondità della grotta. Dove furono accolti con calore alla corte della regina Sibilla e vi rimasero quasi un anno, tra i piaceri più raffinati. Ma scoprendo trasformazioni animali, opera del demonio, decisero di uscire. Andarono a Roma dal papa a chiedere perdono ma il papa non volle subito assolverli. Lo scudiero, che aveva lasciato il cuore lassù, inventò una congiura mortale a loro danno. E convinse il cavaliere a tornare per sempre nella caverna, nel paradio della regina Sibilla.

A noi non resta che visitare i luoghi della storia, respirare la stessa aria pura, accarezzare con lo sguardo i contorni dei monti. Raggiungere, se possiamo, l’entrata delle grotta. È rimasta un’ampia depressione del terreno piena di massi franati. Su uno l’incisione AV·P·1378, citata da Antoine. Non resta che rimanere incantati e muti, rispettando il silenzio della Sibilla e della montagna tutta. Se avremo fortuna al ritorno giungerà un segno, una traccia che indicherà un insolito cammino da imboccare con rinnovata forza d’animo.

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Mappa di Antoine de La Sale – Edizione gotica