La Via Francigena, tra storia e attualità

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Il grande merito del cammino di Santiago è quello, tra altri, di aver aggiunto al fascino antico del pellegrinaggio un significato più attuale, quale fosse un antidoto agli aspetti più deleteri della modernità. Nel passato, il pellegrino si apprestava a fare un lungo e faticoso cammino a piedi, con i pericoli e i sacrifici che comportava, per scopi prettamente religiosi, per ottenere un perdono o una grazia, o semplicemente per onorare la fede. Oggi, come è noto, il cammino viene programmato e vissuto anche da atei, agnostici e comunque da persone, spesso in solitaria che, più che invocare perdono o esiti miracolistici, desiderano vivere un’esperienza altamente significativa, emotivamente forte, misurando i propri limiti, dal piano fisico a quello psicologico, ritrovando sé stessi, riappropriandosi di significati più autentici. Lo scopo, in definitiva, è intimo, personale, esistenziale. La vita vissuta in lentezza, al di fuori delle proprie aree di comfort, ma che mette in uno stato di contemplazione interiore quanto esteriore, che fa percepire l’altro come un viandante amico, seppur sconosciuto, riacquista una valenza di autenticità, di valore primario. Ognuno può scoprire che basta poco per essere grati e soddisfatti e di certo si torna a casa con un bagaglio umanistico e filosofico più ampio che rimarrà a lungo.

Sicuramente, il Cammino di Santiago di Compostela oggi è il più famoso tra i pellegrinaggi, ma è bene ricordare che ce ne sono altri, forse meno conosciuti, meno pubblicizzati e organizzati, ma che consentono percorsi di rara bellezza tra paesaggi estesi e antichi borghi medievali. “In origine era la via Francigena” potrebbe iniziare così un bel racconto, tutto reale. Un grande reticolo di percorsi, intorno all’asse principale di collegamento tra il nord e il sud dell’Europa, lungo il quale transitavano mercanti, eserciti, pellegrini. Partendo principalmente dalla Francia (ecco perché “Francigena”), ma anche da altri stati dell’Europa, le percorrenze scendevano sempre più a sud per arrivare a Roma (in seguito definite “le Vie Romee”), per poter visitare la tomba di Pietro. Questa era la meta principale per molti, mentre per altri era solo la prima tappa, ripartendo per la via Appia in direzione Puglia per potersi imbarcare a Brindisi e raggiungere la Terrasanta. Per cui, nel Medioevo le grandi tappe dei pellegrinaggi erano sostanzialmente tre: Roma, la Terrasanta e Santiago di Compostela.

Nel Medioevo, soprattutto dal IX secolo in poi, c’è stato un impulso notevole al pellegrinaggio, attivando tutta una rete di strade alternative, in funzione della devozione a questo o quel santo, o per evitare rischi dipendenti da guerre locali. Ovunque si diffondevano le locande del pellegrino per poter fare una sosta. Per un lungo periodo, interi secoli, Il pellegrinaggio aveva assunto le dimensioni di un fenomeno di massa, dando alla Via Francigena una fama notevole. Inevitabilmente, il percorso favoriva anche il commercio, dando sviluppo economico ai centri che si incontravano strada facendo. Ed è stato proprio il crescente commercio a spingere a reticolare sempre di più i percorsi, creando molte alternative, togliendo il primato alla Via Francigena che, gradualmente, perdeva anche valore come strada del pellegrino. La “modernità”, data dallo sviluppo di nuovi mercati, con merci come la seta e le spezie provenienti dall’Oriente, andava cambiando le abitudini e le priorità.

Recentemente c’è stata una rivalutazione della Via Francigena Italiana che è stata dichiarata nel 1994 “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”. Ci sono percorsi di straordinaria bellezza ed ognuno può fare pianificazioni che tengano conto delle proprie possibilità e necessità. L’importante è andare, esplorare il silenzio, il leggero calpestio del proprio passo, la compagnia di una nuvola che cambia forma, l’ondulare delle chiome degli alberi o il loro stagliarsi al sole, lo scorrere di un ruscello di là dal sentiero. Camminando, si è in compagnia di pensieri nuovi e creativi, contemplando si hanno ispirazioni e risposte a domande sopite. Camminando, si scopre d’esser vivi in un senso più ampio, vitale, aperto a nuove prospettive.

“É così che emergono presenze insospettate, domande essenziali, e avvengono anche dialoghi immaginari con una volpe che ci osserva o un corvo che ci saltella davanti… Nel camminare, soprattutto in campagna e tra i boschi, c’è un’adesione del corpo alla terra che ci fa sentire più che mai terrestri. Camminare su questa terra è immergersi in un flusso di vita in cui siamo co-creature tutte conviventi – umani, animali, alberi, muschi, fiori, sassi – e in questo fiume spetta a noi farci loro voce e loro pensiero, in una reale comunione.”
(Enzo Bianchi, La Repubblica, 3 febbraio 2020)

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