Lavinia Sernardi, serva di Dio a Grotte a Mare

Piazza Peretti di Grottammare dove visse e giocò da piccola la beata Lavinia (foto di Americo Marconi)

di AMERICO MARCONI –

Un anno fa eravamo al Kursaal per la ricorrenza dell’8 marzo, dinanzi ad un pubblico di studenti, a parlare di donne che con la loro vita esemplare hanno brillato e dato lustro alla città di Grottammare. Seguimmo per traccia il libro dell’amica Tiziana Capocasa “Le perle dell’Adriatico – Le donne nella storia di Grottammare”. Sia la pubblicazione che l’incontro ebbero il sostegno dell’Amministrazione e in particolare furono il risultato dell’entusiasmo di Alessandra Biocca. Quest’anno purtroppo sono stati annullati gli appuntamenti culturali per l’emergenza sanitaria che stiamo traversando. Io parlai di Lavinia Sernardi, una pia donna, e un anno dopo mi accingo a scrivere di lei.

Lavinia nacque a Grotte a Mare il 2 giugno del 1588, come dimostra un atto che attesta il battesimo della figlia di Gismundo Sernardi e Donna Antonia presso la Chiesa di San Giovanni Battista. Chiesa che sta dinanzi a quella che fu la casa dei Sernardi nell’attuale piazza Peretti, al vecchio incasato. Lavinia visse e giocò nella piccola, bellissima piazza con veduta sul paese in basso e sul mare. Il 12 febbraio 1605, non ancora diciassettenne, si unì in matrimonio (sempre nella stessa chiesa davanti casa) con Giovan Marino da Rapagniano. Trascorsi cinque anni ebbe la prima figlia Ifigenia che visse pochi mesi. Poi due altri figli: Francesco che studiò fisica e Margherita che divenne badessa nel Monastero delle Cappuccine a Fermo.

Ciò che distinse Lavinia fu un’ardente fede che la portava a vestire con estrema semplicità e pregare con grande ardore. In realtà la virtù che più la caratterizzò fu l’attenzione ai bisognosi. Tanto si prodigava in regalie che un giorno il marito Giovan si permise di farglielo notare. Allora si recarono in una delle grotte usate a magazzino e Lavinia gli mostrò come tutte le provviste non solo c’erano, ma erano ricresciute. Possiamo immaginare la meraviglia del coniuge dinanzi a quel fatto prodigioso. Ma la vita di Lavinia fu disseminata di prodigi. Quando riceveva la Comunione, testimoniò don Giacomo Palmarola: «la Sacra Ostia si toglieva dalla mia mano e volava diretta nella bocca di Lei». Lavinia aiutò, con impegno, l’edificazione della nuova chiesa Santa Maria dei Monti, raggiunta salendo un erto sentiero, e lassù portava acqua e pietre. È stato detto che minuta com’era non poteva trasportare molto peso; ma le poche cose salite all’arrivo, miracolosamente, si moltiplicavano.

Nella notte fra il 14 e il 15 settembre del 1623 all’età di 35 anni: «Chiuse gli occhi alle cose di questa terra per riaprirli alla contemplazione gioiosa di Gesù e Maria» scrive don Natale Buttafuoco. Fu seppellita nella chiesa Santa Maria dei Monti, dove c’è una tela ad olio che la raffigura e una lapide che la ricorda. Don Natale a scuola ci raccontava la storia di colei che noi Grottammaresi chiamiamo con affetto beata Lavinia. E diceva che fu vista più volte nei secoli dopo la scomparsa, piccola e vestita di nero, traversare il fiume Tesino, per portare aiuto ai poveri e ai malati. Dal canto mio credo che in questo momento di difficoltà sia il caso di meditare su chi, come la beata Lavinia, visse tra epidemie, carestie e guerre. Nella certezza di alti ideali – primo l’Amore – che ne illuminarono la pur breve ma piena e indimenticabile esistenza.

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Un ritratto della beata Lavinia Sernardi (foto di Americo Marconi)