I dodici mesi dell’anno e il tredicesimo: l’Anno Nuovo

di AMERICO MARCONI –

Un tempo c’era l’usanza che un gruppo di uomini e donne, cantori con strumenti musicali, da Capodanno all’Epifania girassero per paesi e campagne a cantare i dodici mesi, ricevendo regalie. I cantori in costume erano tredici: i dodici mesi più l’Anno Nuovo che era il padre degli altri.

Il primo, Gennaio, era vestito da cuoco, a rappresentare l’abbondanza dopo la salata (in cui si lavorava la carne del maiale), con salcicce appese a tracollo e una pagnotta di pane per mano. Cantava: «Nevichesse pure se deve nevicà/tanto so mmazzato lu porco e fatto lu pà!». Il secondo, Febbraio, era un contadino che portava una piccola zappa a spalla per i pochi, leggeri lavori della terra. E rideva con una maschera sul volto perché mese di Carnevale. Marzo, il terzo, vestito di bianco aveva un cavolfiore in una mano e un pesce secco nell’altra, a ricordare di essere mese di Quaresima. Aprile era una giovane donna vestita a colori sgargianti che reggeva un paniere pieno di uova colorate: simbolo della primavera, della natura, della Pasqua e della rinascita. Il quinto, Maggio, con un grande cappello pieno di fiori, in mano aveva fava secca e gorgheggiava: «A tempo de la fava, lu contadì se la cava». Giugno, il sesto, allegro e spensierato, stringeva un mazzetto di spighe e una falce: lui era il tempo della mietitura (lu miete). E intonava: «So stanco de fatica e no d’amore!».

Con un gran cappello a protezione del sole arrivava il settimo mese, Luglio, che portava un rastrello per raccogliere la mietitura e poi trebbiare. Strillava: «Marietta mia non mi tradì nmezzo lu grà/o lu core mio non riesce a campà!». Agosto, l’ottavo, aveva sul capo un canestro d’uva; a significare che subito dopo lui arrivava la vendemmia. Settembre era una donna con forbici e cesta per mettere l’uva della vendemmia (la vellegna). Stornellava: «Vienne bello mio, vienne vicino alla fonte/lu sole bacia l’uva e le atre piante/io ti bacierò ssa bella fronte». Ottobre, il decimo del gruppo, procedeva con un sacco a tracollo pieno di chicchi di grano che ogni tanto spargeva per strada, lui mese della semina (lu sementà). Novembre, l’undicesimo, in cappotto aveva uno scaldaletto e un sacchetto di castagne. Dicembre, il dodicesimo, con abiti invernali, portava in spalla un piccolo tronco di quercia. Il ceppo che sarebbe stato arso dalla Vigilia di Natale alla Befana. «Buon anno, buon anno a tutti. A chi fatica e a chi va a spasso. Importante è campà e tenè lu passo!» cantava il tredicesimo è cioè l’Anno Nuovo.

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