di REDAZIONE –
CASTIGNANO – La giornata di Martedì Grasso (5 marzo) è decisamente il momento clou per il Carnevale Storico Castignanese organizzato dalla Pro Loco. Si parte alle ore 15 davanti la chiesa di Sant’Egidio per una sfilata affollatissima di gruppi mascherati e carri allegorici, alcuni anche di grandi dimensioni, con pupazzi di carta pesta, curati, preparati nel tempo, il tutto frutto di un’autonomia ed una spontaneità tramandati di generazione in generazione. Verso le ore 18 tutte le persone inizieranno a confluire in Piazza Umberto I, dove ci sarà la premiazione per i gruppi ed i carri più belli ed apprezzati. Poi, tra la musica della Banda di Castignano e delle casse acustiche tutti balleranno in attesa del momento più importante e più sentito da ogni Castignanese.
Alle ore 19 in punto tutta l’illuminazione pubblica del Paese di spegnerà, e sarà allora che verranno accese migliaia di lanternine fatte con canne intagliate ad un’estremità a forma di rombo a piu’ facce, rivestite di carta velina colorata e all’interno una candela ad illuminare il tutto: si puo’ partire per la “Sfilata de li Moccule”, fiore all’occhiello del Carnevale Storico di Castignano. Prima di entrare in periodo di quaresima e riposo però c’è ancora modo di divertirsi: il Veglione finale al Teatro Comunale, l’unico evento danzante nella zona nella giornata del Martedì Grasso. Dalle ore 22,00 (ingresso 5 euro, musica a cura Dj Simon), per usare le energie residue nei balli e salutarsi con gli ultimi brindisi. (Info nella pagina facbook ufficiale: https://www.facebook.com/carnevalestoricocastignanese/)
LA STORIA DEL CARNEVALE CASTIGNANESE E LA SFILATA DEI MOCCOLI
Come un piccolo borgo di nemmeno 3000 anime possa tramandare una tradizione secolare è spiegabile solo con il senso di appartenenza, l’orgoglio e l’amore per il proprio folcklore.
Castignano, paesino dell’entroterra marchigiano, in provincia di Ascoli Piceno, è testimonianza proprio di una tradizione che si tramanda di padre in figlio, il Carnevale.
Non è un caso infatti che questa manifestazione, così come gli eventi carnascialeschi delle vicine Ascoli, Offida, Pozza e Umito, formino tutte insieme il Carnevale Storico del Piceno, riconosciuto nella sua storicità dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Non è facile datare il Carnevale di Castignano. Molti statuti e documenti sono andati distrutti dal tempo e da incendi, togliendo quindi molti riferimenti storici. Certo che già nel ‘600 uno dei pochi statuti comunali consultabili a riguardo testualmente indicava:”non può essere esercitata la giustizia durante il Mercoledì delle Ceneri e i due giorni precedenti”. Questo sta a testimoniare come già allora a Castignano, così come in moltissime parti d’Italia quel periodo era particolarmente sentito tale da lasciare spazio a particolare divertimento e distogliere un po’ l’attenzione dal lavoro giornaliero.
Testimonianze orali dirette hanno dato per scontata l’esistenza e lo svolgimento di questa tradizione a Castignano sicuramente già nella seconda metà dell’800. Sono poi le immagini, spesso in bianco e nero, con le prime rudimentali attrezzature, ad immortalare i Carnevali degli anni ’50 (subito dopo la distruzione della guerra), ’60 e ’70. Ed è allora che il Carnevale di Castignano inizia a crescere sempre di più. Lo fa tra le altre cose per la dote, l’impegno ed i risultati eccelsi di artigiani ma anche semplici persone appassionate che si dilettano a costruire ed abbellire stupendi carri allegorici. Teste di carta pesta giganti, figure semoventi, ingranaggi ed effetti speciali. Nulla da invidiare alle sfilate di città molto più grandi e frequentate.
Oggi come allora è ancora il viale della zona più nuova del Comune ad ospitare numerosi carri, orgogliosamente realizzati dai giovani di Castignano e dei comuni vicini, e una moltitudine di gruppi che nelle ore del pomeriggio del Martedi grasso sfilano mostrandosi al pubblico presente, non mancando di coinvolgere tutti in questa festa collettiva. Seppur stupenda, non è questa sfilata la punta di diamante della manifestazione, nè la tradizione più arcaica. Si potrebbe difatti parlare allo stesso modo della storica sagra della “pizza onta” che si svolge il Giovedi Grasso in Piazza Umberto I dove centinaia di frittelle vengono distribuite ai partecipanti tra musica e balli. Oppure dei veglioni in maschera nell’affascinante Teatro Comunale; tradizione danzante anche questa che si perde indietro nel tempo, arrivando almeno ante guerra. Ed ancora oggi molto sentita e partecipata da una moltitudine di persone di tutte le età. Ma neanche qui ci siamo avvicinati alle origini di tutto.
É dal Carnevale di Roma che si riesce a capire la reale storicità del Carnevale Castignanese. É infatti l’evento clou nonchè conclusivo della festa del borgo piceno a riportare indietro il tempo fino alla Roma papalina. Quando lo scrittore Johann Wolfgang von Goethe si reca in visita alla “città eterna”ammira e descrive bene nella sua opera “Viaggio in Italia” questo spettacolo. E’ ambientato tra il 1786 ed i 1788, e Goethe scrive: «Appena cala la notte sul Corso angusto e infossato, ecco apparire qua e là dei lumi alle finestre, altri accennare sui palchi e, in pochi minuti, diffondersi all’intorno un tal fuoco, che tutta la via appar rischiarata da ceri ardenti. I balconi si adornano di lampioni di carta trasparente, tutti espongono le loro torce alle finestre, tutte le tribune sono illuminate …. le vetture scoperte espongono lampioncini di carta colorata; fra i pedoni alcuni passano con alte piramidi luminose sulla testa, altri hanno fissato i loro Moccoli in cima alle canne, in modo che queste pertiche arrivano all’altezza di due o tre piani. A questo punto ognuno si fa un dovere di portare un Moccolo acceso e da tutte le parti echeggia l’interiezione favorita dei romani “Sia ammazzato, sia ammazzato chi non porta il moccolo!” grida l’un l’altro, cercando ognuno di spegnere con un soffio il lume avversario».
Con questi passi lo scrittore tedesco descrive la fine del Carnevale di Roma, ed in particolare la battaglia dei Moccoletti ( e come lui saranno anche altri “colleghi”, tipo Andersen e Dickens, a parlarne…). Si trattava di candele , spesso issate su canne, in alcuni casi poste in lanternine ricoperte di carta colorata, portate in giro dal popolo la sera del Martedi Grasso, con lo scopo di salvaguardare il proprio “moccolo” ed allo stesso tempo di spegnere l’altrui, in modo da costringere le altre persone a togliere la maschera e concludere li’ i festeggiamenti come penitenza. Tutto questo nel ‘700. Ma è certo che questa tradizione era in voga a Roma, già da centinaia di anni (probabilmente dal ‘400).
Ed è certo che per conoscenza ed esperienza diretta questa manifestazione prese piede e fu portata anche altrove, all’interno dello stato Pontificio. Quando a Roma però il Carnevale fu vietato dal Re Vittorio Emanuele II per la pericolosità che ormai lo contraddistingueva e così questa tradizione fu persa anche altrove, solo in comune dell’ex stato pontificio, ora Regno d’Italia, sopravvisse la sfilata dei moccoli, Castignano.
E basta frequentare il borgo nel giorno del martedì grasso, per rendersi conto di come quanto appena descritto non puo’ che essere assolutamente verificato, tanta è la somiglianza tra le due manifestazioni. Alle ore 19 del martedì di Carnevale, l’illuminazione magicamente si spegne e la scena si ripete quasi allo stesso modo: migliaia di moccoli sfilano per il Paese, al ritmo di cassa tamburi e piatti, e tutti a squarciagola urlano “Fora, fora li moccule” (nel dialetto locale) invitando tutti ad uscire dalle proprie abitazioni con questi lampioncini. Una sorta di processione pagana che ha il suo culmine nella piazza sommitale del borgo antico, Piazza San Pietro, dove dopo una battaglia tra moccoli, questi vengono tutti bruciati in un falò che rappresenta quasi la purificazione da gozzoviglie ed eccessi del Carnevale.
Stiamo parlando di una vera opera d’arte: una canna ancora verde, intagliata ad una sua estremità, formando una sorta di rombo a più facce. La struttura è poi ricoperta di carta velina colorata ed al suo interno fissata una candela, che una volta accesa, darà luce ad uno spettacolo. Spettacolo che ripetuto per migliaia di moccoli, nel buio piu totale, diventa mozzafiato. Ed è presenziando a questo momento che si avverte come questo borgo tenga visceralmente ed orgogliosamente alle proprie tradizioni: uomini, donne, bambini, anziani, non c’è differenza di età nè di estrazione sociale, tutti insieme si stringono tra loro , con fratellanza, ed amicizia per portare avanti di generazione in generazione questo folcklore davvero unico. Sarà poi il falò finale, visto come fuoco purificatore, saltato e risaltato per scaramanzia da frotte di ragazzi, a porre fine agli stravizi, agli eccessi del Carnevale, riportando tutti alla vita di tutti i giorni.
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