Intervista con Paola Barbato, regina del thriller : «Non credo agli eroi»

Nella foto, da sinistra: Eliana Enne, Mimmo Minuto e la scrittrice Paola Barbato

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nell’ambito della rassegna “Incontri con l’autore” organizzata dall’associazione I luoghi della scrittura e la libreria La Bibliofila, sabato 16 febbraio Palazzo Piacentini ha ospitato Paola Barbato. Scrittrice e sceneggiatrice di fumetti, tra cui Dylan Dog, autrice di romanzi di successo come Mani nude (Premio Scerbanenco) e di fiction come Nel nome del male con Fabrizio Bentivoglio, la regina del thriller – così soprannominata visto il grande successo presso il pubblico italiano – ha presentato il suo ultimo lavoro, Io so chi sei. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla.

Un thriller dai risvolti psicologici, una storia ad alta tensione ambientata a Firenze. Come hai scelto questa location?
Più che Firenze in realtà ho scelto il fiume Arno. Avevo bisogno di un elemento naturale che fosse il deus ex machina, il colpevole perfetto. La Natura ha una forza immensa contro cui l’uomo può fare ben poco. Sono cresciuta sul lago di Garda e se c’è un lago che “ammazza” è proprio questo. Ha delle correnti impressionanti. Ai bagnanti è fortemente sconsigliato andare a largo con la barca e poi tuffarsi perché si viene risucchiati. E difatti ogni anno è un lago che miete vittime. Dell’Arno i fiorentini mi hanno parlato con un certo timore. C’è stato un episodio nel 2016, gli argini hanno ceduto e il fiume si è letteralmente preso un pezzo di strada da un momento all’altro e se l’è portato via.

Parlaci di Marilena (Lena), la protagonista. Che tipo di donna è?
Lena rappresenta quel genere di personaggio che definisco ombra, non prende mai una posizione, non decide, non sceglie. Vive l’amore come una malattia che si prende e da cui si attende di guarire; vive i rapporti di amicizia in maniera passiva, come con Betta, non c’è compartecipazione, condivisione. Mi sono sempre chiesta come reagirebbe un soggetto del genere di fronte a un delitto.

La storia coinvolge un gruppo di persone estremamente diverse fra loro, accomunate però dall’essere animalisti convinti. É un tema che senti personalmente?
Sono incuriosita da questo mondo, pur non facendone parte e, per certi versi, prendendone le distanze. Raramente ho conosciuto un ambiente nel quale la stessa motivazione (salvare i fratelli minori, gli animali) conduce le persone a contrapposizioni forti. Arrivano anche a farsi del male. Ti racconto un episodio a cui ho assistito di recente. Una volontaria ha recuperato un labrador molto bello che vagava nelle campagne e ne ha pubblicato la foto sui social. Era incinta e quando ha partorito, la volontaria ha postato le foto dei cuccioli. Pensa che è stata accusata da altri volontari che i cuccioli non fossero della stessa razza e, dunque, che le foto sarebbero state un falso utilizzato per poterli vendere ad un prezzo molto alto grazie alla bellezza del labrador originariamente salvato. É un ambiente connotato di forte passione, che però conduce a prese di posizioni per assurdo diametralmente opposte fra loro. Ci sono animalisti convinti che qualsiasi creatura vivente vada messa in un rifugio, in una struttura, per salvarsi dall’ambiente e ci sono animalisti per cui nessun essere  vivente andrebbe mai rinchiuso in un rifugio o in una struttura, perché ciò è contro natura. Io amo gli animali, ho dei cani, ho collaborato come volontaria ma non sono un’animalista e ne critico gli estremismi.

Tratti un tema molto delicato, quello del lutto. Lo fai spesso nei tuoi romanzi. Perché?
Il lutto è una forma di cattività, ti costringe a vivere una realtà altra rispetto a quella a cui eri abituato fino al giorno prima del lutto. É una spaccatura, divide la vita in un prima e un dopo. Ci sono perdite a cui non si è preparati, come quella di un figlio. A me interessa cosa il lutto suscita nelle persone, sono convinta che osservando la maniera in cui reagiscono si possa comprendere molto di ciascuno. C’è quello che diventa iperattivo chi diventa apatico chi rifiuta di parlarne e chi parla solo di quello chi trasforma il lutto in produzione, fonda associazioni alla memoria, organizza raccolte fondi. Ci sono quelli che maturano posizioni accusatorie nei confronti di tutto ciò che ha portato al lutto.

Una storia molto coinvolgente, personaggi contrastanti, delitti. Mancano eroi positivi. Una scelta ben precisa…
Io non credo agli eroi, al personaggio completamente integerrimo. Non fa parte del patrimonio umano. Ci sono persone splendide che sono state capaci di fare cose spregevoli e al contrario ci sono uomini e donne di gran valore che in certe situazioni hanno dato il peggio. Ci sono sempre sfumature di grigio in ognuno. Nei miei romanzi faccio molta attenzione a separare ciò che un personaggio fa da ciò che un personaggio è.

Come definisci Francesco (Cecco) Caparzo?
Cecco è un personaggio unico, ingombrante, molto complesso ma anche molto semplice. Un uomo netto, primordiale, non è contorto, eppure è ricco di sfaccettature e contraddizioni che convivono perfettamente. É un eroe completamente negativo, è un buono cattivo e la matrice di questo personaggio è criminale. Sono molto legata a Cecco, posso anticiparti che sarà presente sia nel secondo sia, soprattutto, nel terzo volume della trilogia.

Sceneggiatrice di fumetti e di fiction, autrice di racconti e di romanzi, moglie e mamma. Sei una donna di successo. Come fai a gestire tutto?
É faticoso, scrivo anche di notte. Serve disciplina, perché ogni lavoro ha le sue regole e ogni progetto richiede di seguire uno schema preciso, ma occorre anche elasticità mentale. Non c’è l’ambizione di essere perfetti, ma di sentirsi soddisfatti, realizzati. Con Matteo (Bussola, ndr) e le nostre due figlie abbiamo trovato il giusto equilibrio. Si arriva stanchi la sera, ma felici.

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