Antoñita La Singla e il flamenco, dalle baracche sulla sabbia fino all’Olympia di Parigi

di RAFFAELLA CIUFO –

Quando l’X-factor fa superare limiti inimmaginabili. Ecco la storia di una donna straordinaria, un genio della danza andalusa –

Antonia La Singla, che oggi è una nonna felice, di una vita semplice lontana dai riflettori, è stata un genio della danza andalusa, il flamenco. La sua potente forza espressiva ispirò artisti, come Salvador Dalì, e incantò – a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta – le platee più prestigiose d’Europa. La niña Antonita nasceva nel 1948 a Barcellona, nell’estrema periferia del barrio Somorrostro, un’estesa baraccopoli in prevalenza gitana, sorta sulla sabbia, sul tratto di spiaggia che oggi porta in ricordo il nome stesso del vecchio barrio, demolito nel 1966. Nel Somorrostro, con le misere baracche prive della luce elettrica, la vita quotidiana era scandita dal levarsi e calar del sole, mentre i fuochi con le loro fiamme ardenti e danzanti scaldavano nella sera il sangue gitano della comunità, che vi si raccoglieva intorno. Una comunità molto unita, molto povera, ma felice e fiera delle proprie radici, le stesse del flamenco. Si cantava e si ballava. A Somorrostro era sempre festa.

Niente di particolarmente straordinario, alla fin fine, se una niña gitana immersa totalmente in quelle atmosfere sviluppasse, crescendo, un vero talento per quel ballo tanto sensuale e pieno di passioni. Ma Antoñita era una bambina sordomuta e poteva nutrirsi soltanto delle suggestioni e dei suoni gridanti, a tratti rabbiosi, dei suoi silenzi interiori. Antoñita, nel suo intimo isolamento totale, copiava avidamente con gli occhi e da sola si esercitava nelle movenze, guardandosi allo specchio. Mancando ancora, tuttavia, la misura ritmica – i dodici beat del compàs del flamenco – con cui concordare le movenze. Antoñita imparò da sola ad osservare le labbra di chi cantava, le dita del chitarrista e “las palmas”- l’accompagnamento essenziale con il battere delle mani per tenere il ritmo – e poi a collegare insieme tutte queste informazioni per ricavarne una sua immagine ritmica interiore, coerente con la sua danza. E fu un miracolo, perché la niña più cresceva e più diventava brava, bravissima. Tanto che l’allora amatissima Carmen Amaya, leggendaria ballerina di flamenco, nata e cresciuta anch’essa nel barrio Somorrostro, vide in Antoñita la sua futura erede. E così fu.

A quattordici anni Antoñita La Singla o solamente “La Singla” già si esibiva professionalmente nelle migliori tabernas di Barcellona e nei lussuosi hotel sulla Costa Brava. Sotto l’ala protettrice di Dalì e di sua moglie Gala, fu seguita nella sua crescita e anche sottoposta ad una revisione dei suoi deficit, causati da una meningite che la colpì da piccolissima. E si scoprì che Antonia in realtà era soltanto sorda, ma non muta. Subito si passò allora all’insegnamento della lettura delle labbra e così Antonia, a quattordici anni, poté pronunciare la sua prima parola, il primo emozionante pilastro di quel ponte che avrebbe collegato il suo mondo con il mondo degli altri, infrangendo il suo isolamento e il suo silenzio. Da quel momento in avanti, l’ascesa artistica della Singla divenne inarrestabile. Sul tablao – il palcoscenico per le esibizioni di flamenco – era un ciclone di elevatissima capacità tecnica ed espressiva. Era capace, nei suoi stupefacenti e trascinanti assolo, di “taconear” dieci, quindici, venti minuti con mille sfumature …in modo soave, poi frenetico, vivo, allegro, nel bilanciamento con le pose statiche e nei giri vorticosi. Antonia traeva di volta in volta ispirazione dal suo complesso mondo interiore, che evolveva in esibizioni streganti.

Nel 1977 però, a soli 29 anni e nel pieno del successo, la vita presenta brutalmente ad Antonia un nuovo grande dolore, contro il quale la sua intelligenza e la sua fortissima volontà nulla possono. A causa di una malattia della tiroide deve ritirarsi e per sempre dalle scene. Una privazione enorme per quella donna forte e coraggiosa, che aveva fatto della danza il suo veicolo primario di comunicazione. Oggi, in riconoscimento della sua maestria e genialità, un locale di flamenco molto accogliente e suggestivo a Barcellona porta il suo nome. “Tablao La Singla” , calle Marina 181, di fronte alla plaza Monumental.

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