Ponte di Pasqua con l’Invalsi: bambini in lacrime

di GIUDITTA CASTELLI –

É un incubo. Ma si possono assegnare, per il periodo pasquale, pagine di quiz fac-simili prove Invalsi ad alunni della primaria in partenza per le vacanze? Assolutamente no, soprattutto dopo mesi, giorni di esercitazioni in classe e a casa in aule-caserme, dove nessuno può comunicare con l’altro, alimentando negli alunni e nei genitori la sindrome Invalsi.

Le uniche a gioire sono le case editrici che hanno trovato finalmente un mercato attivo  in un’Italia dove si legge poco o nulla. Naturalmente questo è un mercato che pesa nelle tasche delle famiglie, e non certo in modo leggero, visto che per una stessa materia lo stesso docente chiede di acquistare più copie. Ma nell’appuntamento annuale per la scelta non si potrebbero sostituire i libri di testo rimasti immacolati e  pagati dall’ente locale (e quindi dai cittadini) con i libriccini per l’Invalsi? É solo una provocazione, dal momento che  i libri di testo offrono anche altre importanti contenuti (storia, geografia, scienze, cittadinanza, educazione ambientale, educazione alla salute, poesia).

Ma non si può insegnare ad amare una scuola dove non è permesso sbagliare, dove non è permesso crescere secondo i propri ritmi, dove non è permesso  comunicare nella gioia, nella possibilità di movimento e di  ricerca?  Appare assurdo, ma siamo in un momento storico in cui nella prassi si stanno bruciando secoli di ricerca nelle scienze umane e nelle strategie educative. Si continua a parlare di attivismo in sede di formazione dei docenti e nelle università, nei verbali scolastici di programmazione, ma nei corridoi delle aule scolastiche si parla solo d’Invalsi e purtroppo lo si fa in modo sbagliato.

E tutto questo per colpa dell’ Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (INVALSI), l’ente di ricerca esterno alla scuola, soggetto alla vigilanza del Ministero, che si occupa del rilevamento dell’apprendimento e dell’efficacia del percorso scolastico? Ma certo che no. L’Invalsi non si è inventato nulla per quanto riguarda le competenze che i docenti dovrebbero sostenere con la loro attività didattica. Come ente di ricerca ha solo messo a punto, secondo una visione dinamica di  miglioramento, uno strumento, uno dei tanti possibili, che permette di costruire una mappa nazionale per verificare dove si trovano i bambini italiani rispetto agli Europei. Dovrà poi essere lo Stato a  rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena attuazione dell’articolo 3 della Costituzione,  come il principio dell’uguaglianza, che di fatto è uguaglianza delle opportunità e non certo livellamento o negazione delle diversità.

Che ci sia stato un grande equivoco Invalsi, lo ha chiarito lo stesso Istituto  in una nota del 28 marzo 2018, dove  spiega le ragioni, la natura e l’uso delle prove in un documento sintetico, chiaro, pensato per tutto il mondo della scuola e per le famiglie, adatto per allentare  anche la tensione e far vivere ai bambini e alle famiglie il ponte pasquale in pace.

Si legge: “Ovviamente le prove non misurano tutto. Non servono quindi a valutare nè lo studente nè l’insegnamento, e sono solo uno dei tanti elementi dell’autovalutazione d’istituto. Ma spesso permettono di vedere quello che da soli è più difficile vedere, evitando il rischio di essere autoreferenziali”. E ancora: “…ci sono competenze importanti – ad esempio quelle di comunicazione verbale e scritta, affettive, relazionali – che non sono valutabili con una prova standardizzata ma solo attraverso il contatto quotidiano che l’insegnante ha con i suoi allievi. Per questo le prove Invalsi non possono valutare globalmente uno studente, nè possono monitorare e guidarne –come fa invece la valutazione degli insegnanti – il processo di apprendimento, tenendo conto di tutte le variabili ambientali che inevitabilmente sfuggono alla valutazione standardizzata. Nè possono valutare gli insegnanti che, come abbiamo appena detto, oltre alle competenze misurate dalle prove ne debbono insegnare molte altre”.

Quindi, ragazzi, l’Invalsi lasciatelo nella sacca e godetevi questo momento di libertà,  scaricate la tensione fino ad oggi accumulata per un falso problema. Guardate al prossimo appuntamento di maggio come ad una attività piacevole dove mettersi in gioco senza paura di conseguenze “valoriali” né per voi, né tantomeno per le famiglie, per le docenti, per la scuola.

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