Barabba e la sua esposizione durante la Processione del Cristo Morto

di VINCENZO MASCARETTI –

La figura di Barabba entrò in Processione nella seconda metà dell’Ottocento.Dalla prima edizione moderna del 2000, Barabba è esposto presso l’edificio superstite che faceva parte del complesso ottocentesco dell’antico pastificio Danieli poi Ruffini

GROTTAMMARE – La processione del Cristo Morto fu istituita a Grottammare nel 1738 da padre Antonio Petrocchi di Castignano, con il beneplacito dell’allora Vescovo di Ripatransone Francesco Correa. In quel tempo aveva cadenza annuale ed era celebrata dalle locali Confraternite, tra cui quella del “Santissimo Sacramento” (esistente già nella metà del XVI secolo). Dal 1757 la cura e lo svolgimento della processione passò all’istituenda “Compagnia della Passione e Morte di Gesù Cristo e dei Dolori di Maria Vergine” che, l’anno dopo, sarà unita ed aggregata con bolla del Vescovo ripano Nicola Recchi all’antica Confraternita del SS. Sacramento. Negli anni ’30 del Novecento, il Vescovo Luigi Ferri ne codificò definitivamente lo svolgimento.

Dalla seconda metà dell’Ottocento, apparve durante lo svolgimento della processione del Cristo Morto un singolare personaggio delle fonti evangeliche, assente fino a quel momento dal corteo storico: Barabba. Era un fantoccio piuttosto brutto di cartapesta vestito di stracci, incatenato e avvolto in un simbolico mantello purpureo (quello con il quale, secondo i Vangeli, venne rivestito Gesù quando fu condotto da Pilato) con una lanterna nella mano; esso veniva esposto dietro una grata – a guisa di carcere – in un locale situato in una delle vie dove passava il sacro corteo. Barabba era un “esterno della sfilata”, non era quindi parte integrante della processione, né la sua esposizione era curata dalla confraternita responsabile del corteo e dai suoi organizzatori; si potrebbe ipotizzare che la sua esposizione simboleggiasse una sorta di partecipazione laica di una parte del popolo grottese della marina alla storica processione e, a quanto risulta, non per motivi goliardici o di scherno, piuttosto cercando di sottolineare tristemente l’effimero ed ingannevole trionfo dell’ipocrisia nel momento in cui il popolo preferì il violento Barabba a Gesù, annunciatore di verità. Non sappiamo a chi venne l’idea di questa esposizione, né in quale edizione questa iniziasse, comunque dagli ultimi decenni dell’Ottocento l’entrata in scena del Barabba era curata dalla famiglia Venieri, precisamente da Luigi (1849-1916) detto “Giggitte”, uno dei più noti macellai della Grottammare che fu. La ripetuta esposizione del Barabba nelle varie edizioni del “Cristo Morto”, fu talmente sentita da tutti i cittadini fino a diventare una vera istituzione: non si vedeva la processione se prima non ci si recava a fare una visita al Barabba di Giggitte. Nel 1906 vi fu la consacrazione letteraria di Giggitte e del suo Barabba: il poeta grottese Pio Salvi ricordò l’avvenimento in una quartina della sua celebre poesia dialettale “Pasqua”:

Venardì ’ssare, grand’avvenimente,
’Nghe la prucissià de Criste Murte,
’E Mingenzì ce do trattenimènte,
Giggitte còccie ’nu Barobba sturte!…

Nelle edizioni del Novecento, l’esposizione era curata dal figlio Raffaele Venieri (1884-1943) e in seguito dal nipote Guido, in collaborazione con Marcello Cameli, oggi entrambi scomparsi; costoro curarono le ultime uscite avvenute sino ai primi anni ’70. Dall’edizione del Cristo Morto dell’anno 2000 è stata riproposta questa usanza da Vincenzo Mascaretti (pronipote di Giggite) e da Carminio Spinucci, in modo da far conoscere ai giovani un’antica tradizione popolare e ai vecchi rammentare quello che forse era stato dimenticato.
L’ “edizione moderna” che vede l’esposizione del Barabba è iniziata nella processione del 2000, dopo aver sentito le testimonianze e i consigli degli ultimi curatori della tradizione: il pittore Guido Venieri e l’amico Marcello Cameli, entrambi oggi scomparsi. Dalla prima edizione moderna del 2000, Barabba è esposto presso l’edificio superstite che faceva parte del complesso ottocentesco dell’antico pastificio Danieli poi Ruffini.

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