“Aspettando Godot” al Centro Pacetti con la compagnia Progettoteatro

di ROSITA SPINOZZI – 

MONTEPRANDONE – Non è facile impresa portare in scena “Aspettando Godot”, dramma associato al teatro dell’assurdo e costruito intorno alla condizione dell’attesa, nonché capolavoro assoluto dello scrittore e drammaturgo irlandese Samuel Beckett. Occorrono coraggio, professionalità e talento per effettuare una scelta del genere, doti che non mancano di certo alla compagnia Progettoteatro che, sabato 24 febbraio alle ore 21, farà rivivere al Centro Pacetti di Centobuchi (Monteprandone) l’opera che il Premio Nobel Beckett scrisse verso la fine degli anni quaranta per poi pubblicare nel 1952. Lo spettacolo è inserito nell’ambito della prima Rassegna Teatrale “Unione dei Comuni Piceni”. In scena Simone Catalini (Estragone), Gilda Luzzi (Vladimira), Matteo Di Antonio (Pozzo), Maria Angela Alessandrini (Lucky), per la regia di Tonino Simonetti. Lo spettacolo è privo di fronzoli, non ce n’è bisogno. Sulla scena regna sovrano soltanto un albero posto dietro ai due personaggi, con la “funzione” di definire lo scorrere del tempo attraverso la caduta delle foglie che indica il passare dei giorni. Vladimira ed Estragone, vestiti come due barboni, stanno aspettando un certo “Signor Godot” che non apparirà mai sulla scena. Di lui non si sa nulla, se non che “oggi non verrà, ma verrà domani”. Nel frattempo i due protagonisti si lamentano del freddo, della fame, del loro stato esistenziale, litigano ma restano sempre l’uno dipendente dall’altro. Fanno discorsi sconnessi e superficiali, dai quali emerge inevitabilmente il nonsenso della vita umana, in una dramma – oggi più che mai attuale – in cui tutto sembra immobile eppure tutto scorre. Poi arrivano altri due personaggi: Pozzo, uomo crudele e al tempo stesso pietoso, che tiene al guinzaglio il suo servo Lucky con una corda che, strada facendo, diventa sempre meno lunga accorciando le distanze tra i due anche da un punto di vista metaforico. Sullo sfondo, aleggia sempre la domanda “E ora? Possiamo andare?” seguita dalla risposta “Sì, andiamo”. Tanto il Signor Godot oggi non arriverà. Ma i protagonisti non si muovono. L’opera non include lo sviluppo del tempo, poiché in questo caso non esiste alcuna possibilità di cambiamento. Un testo straordinario, dunque, che vedrà Progettoteatro rendere omaggio alla genialità di Beckett attraverso uno spettacolo concepito con grande serietà, e studiato nei minimi dettagli al fine di offrire al pubblico la possibilità di avvicinarsi ad un’opera non di facile approccio ma, sicuramente, di grande impatto emotivo. Un’opera che farà riflettere, com’è giusto che sia. E che metterà sotto i riflettori il talento di quattro bravissimi attori come Simone Catalini, Gilda Luzzi, Matteo Di Antonio, Maria Angela Alessandrini  e del regista Tonino Simonetti che, nella loro attività teatrale, hanno il grande pregio di cimentarsi sempre in spettacoli lontani dall’ovvio e vicini alle aspettative di chi ama veramente il Teatro. E quello di Beckett, è intriso di psicologia. Perché, in fondo, “aspettare Godot” è come “aspettare il domani”.

«Non c’è da meravigliarsi che, uscendo dal teatro, la gente si chieda cosa diavolo ha visto. Ma ciò che a noi interessa non é la sicurezza di poter decifrare il testo per rimettere insieme le tessere del puzzle e stabilire chi é Godot, bensì osservare i filoni di significato nella linea strutturale dell’intera commedia che guarda criticamente se stessa» spiega il regista Tonino Simonetti, sottolineando che la strada, l’attesa, la solitudine, il silenzio, la stasi del tempo, l’incomunicabilità e l’ignoto sono soglie di verità e apparenza nella continua ricerca di una nozione del mondo, luogo del vivere che possa ridare identità a se stessi e costruire una semantica di relazioni profonde all’interno di quella commedia umana, costruita su dimensioni di gestualità e scambi profondi «Nei due personaggi, Estragone e Vladimira, si possono riconoscere due mendicanti, due homeless, due senza dimora che vivono isolati o addirittura due routards che si spostano da un luogo all’altro per incontrare Godot. In tale prospettiva il loro iter biografico sconfina nella sindrome da privazione e i due vivono in uno spazio temporale statico, e attuano un percorso di sopravvivenza, cercando interazioni informali con i tempi di un’attesa degenerante».

Per il regista Simonetti, che ha effettuato un profondo studio dell’opera “Aspettando Godot” prima di portarla in scena, la presenza “in limine” è una delle tematiche principali della pièce teatrale di Beckett, la sua radice affonda in una sorta di disgregazione del pensiero e della volontà, ma non corrompe il nucleo interpretativo del pathos e neppure quello dell’ethos.

«L’uomo di Beckett non solo non riesce a trovare se stesso, ma addirittura non si cerca più. I personaggi sono differenti l’uno dall’altro, e il trait d’union che li lega é la mancanza di capacità nel saper rielaborare il proprio vissuto non solo a livello individuale, ma anche all’interno di un gruppo – continua Simonetti –  Nella commedia di Beckett il percorso di sofferenza e solitudine é messo in risalto dalla comicità e da una tipologia di humor che scopre il gioco scenico e si volge ad una “squisita cretineria” in cui si riconoscono “le incerte ombre che, appena intraviste nei romanzi, hanno qui, per necessità, un volto e una voce definiti”. Quello di Beckett più che un teatro dell’assurdo é un teatro psicologico, e tutta l’opera é imperniata sull’assenza del personaggio che può “salvare” i due mendicanti e il pubblico stesso, in modo che dalla propria prospettiva ciascuno possa nominare Godot come più preferisce. Questo perché in fondo ognuno, per sua natura, è viandante, alla continua ricerca del proprio sé, alla continua ricerca della felicità ma, solo dei lampi fuggevoli, solo uno stormir di fronde ci sono concessi, e questi attimi di felicità si perdono nella nebbia dei giorni, si perdono nel vento degli anni».