Occhio ai colpi di testa

di MASSIMO CONSORTI –

Nostra madre, donna pia e timorata di Dio, ci ripeteva spesso che alzare la voce o peggio le mani, era un atteggiamento da personcine non per bene anzi “scherzi di mano, scherzi da villano”, ci diceva puntandoci contro l’indice minaccioso aggiungendo, “le mani vanno tenute in tasca, per ragionare bastano la testa e la bocca”. Con gli anni ci siamo resi conto che non solo con le mani, ma anche con i piedi per tirare calci e con i denti per mordere, occorrerebbe andarci cauti. Se poi passiamo agli effetti devastanti che può avere la testa, nel senso di testata, sparata direttamente sulla faccia dell’avversario occasionale, allora rasentiamo il tentato omicidio, con l’aggravante dell’uso improprio di un organo destinato a un altro scopo: pensare.
Qualcuno potrebbe chiederci “e se un tizio il cervello non ce l’ha?” In quel caso, e solo in quel caso,  l’uso dell’involucro sarebbe consentito, ma solo per rompere le noci.
È quanto deve aver pensato Roberto Spada nel momento in cui, resosi conto che l’uso del cervello rappresentava per lui una prova improba, ha azionato la testa anzi, l’osso frontale, sulla faccia del povero collega Daniele Piervincenzi di Nemo.
La storia, come tante altre storie italiane, sembrava destinata a finire lì, Roberto Spada arrestato e in attesa di processo. Spadino non aveva capito, però, che compiere gesti simili in presenza di una telecamera, porta conseguenze non sempre calcolabili; la violenza spettacolarizzata causa un moto di ribellione da parte dell’opinione pubblica, del quale le autorità non possono non tenere conto.
Così, un clan già tenuto sotto osservazione dalla Dda di Roma con il supporto dei carabinieri e della  polizia di Ostia, viene attenzionato (che parola terribile! Nda) con maggiore forza e rinnovato impulso, come direbbero i retori.
Il risultato di quel colpo di testa lo si è visto questa notte, con il blitz congiunto che ha portato all’arresto di tutto il clan Spada (32 affiliati) e dei due super boss, Carmine detto Romoletto e Armando detto Armando Spada.
Oltretutto, le indagini di questi mesi hanno accertato che il funzionamento del clan Spada è equiparabile a quello di una cosca o di una ‘ndrina, da qui, l’accusa pesantissima di associazione mafiosa secondo l’articolo 416bis. Gli altri reati contestati, usura, estorsione e omicidio sembrano bazzecole, pinzillacchere, quasi frattaglie.
È proprio vero che gli esiti di un colpo di testa possono risultare, alla fine, letali.