La parola del 2017 è “Spelacchio”

di MASSIMO CONSORTI –

Lo sapevamo, ne eravamo sicuri come la morte. “Spelacchio” ha battuto “ius soli”, “fake news” e “biotestamento” nel sondaggio fra i lettori promosso da Rep.it, ed è diventata la parola dell’anno 2017.

È successa la stessa cosa che accade normalmente quando un giornale chiede ai lettori di esprimersi sul personaggio dell’anno, sul personaggio sexy dell’anno, sul politico più amato, il piatto preferito, chi vorresti come suocera e via dicendo. Questa volta è stato scelto più che una parola, un simbolo, perché Spelacchio simbolo lo è diventato suo malgrado. Povero abete rosso della Val di Fiemme, lui lo sapeva di essere morto, fin da quando, a casa sua, gli avevano tagliato le radici. Poi il lungo viaggio agonico verso Roma sentendo che la linfa se ne stava andando e non riusciva più a irrorarlo tutto. Però aveva ancora un’autonomia di un mese e questo lo inorgogliva.

A Roma non si sa cosa sia successo. Quelli della Val di Fiemme dicono che lo hanno sciolto male, i romani ribattono dicendo che erano stati i montanari a tagliargli male le radici. Ma la storia non ammette giustificazioni, specie quelle infantili, e quindi resta il fatto. Spelacchio ha iniziato a perdere tutti gli aghi, quelli che i suoi simili hanno lunghi e forti, si è intristito, non gli hanno offerto neppure un bicchiere d’acqua e lui, fra mille rimpianti se n’è andato.

Tristissimo il comunicato del Comune di Roma, sembrava quello che diffonde l’ufficio stampa Vaticano dopo la morte del Papa: “Nuntio vobis Spelacchio mortuus est”. Questa storia amara, finita malissimo, ha commosso tutti. Tutti a fotografarsi con il defunto, tutti a lasciare sui suoi rami bigliettini pieni di affetto e di rimpianto e il nome, quel nome, Spelacchio, ha iniziato a farsi largo fra mille altre suggestioni linguistiche di questo 2017.

Alla fine, come agli Oscar, “The winner is… Spelacchio”. L’abete rosso, in un improbabile riconoscimento postumo, ha sbaragliato fior di concorrenti anche se ha avuto dalla sua parte la vicinanza temporale con il sondaggio. Fra le centinaia di frasi che gli hanno dedicato, una spicca per particolare acume esistenziale e coniugale: “Ciao Spelacchio, sei come mi moglie”. Vallo a capire se è solo ironia.