La veggente Sibilla, i Papi e Cristina di Svezia

Il rivestimento marmoreo della Santa Casa, lato nord

di AMERICO MARCONI –

Cristina, la regina di Svezia che abdicò nel 1654 a ventotto anni dopo essersi convertita al Cattolicesimo, non smette di fornire spunti per nuove narrazioni. Lasciata la Svezia, andò in Olanda, in Austria e dopo un anno giunse a Loreto. Al tempo il più conosciuto e frequentato Santuario mariano d’Europa. Il filosofo francese Cartesio, suo insegnante personale che morì nel soggiorno svedese, le aveva raccomandato il luogo (da lui visitato in gioventù) e ciò che avrebbe dovuto fare. Cristina donò alla Vergine Nera il suo scettro e la corona di regina in oro massiccio tempestata da perle e diamanti.

Ciò che maggiormente colpì la sua fervida intelligenza, nella città santuario, fu la presenza di sedici Sibille. Dapprima le notò sul rivestimento marmoreo che racchiude e protegge la piccola Santa Casa. Quel rivestimento, che tutt’oggi possiamo ammirare, lo volle nel 1507 Papa Giulio II. Dopo settant’anni, a lavori ultimati, furono poste nelle nicchie inferiori dieci statue di Profeti, realizzate dai fratelli Lombardo. E nelle nicchie superiori altrettante Sibille, tra cui le Sibille italiche: la Cumana, la Cumea o Cimmeria e la Tiburtina, scolpite dai fratelli Della Porta. Nella Sala del Tesoro, dove sarebbero stati esposti scettro e corona, Cristina vide affrescate altre sei Sibille, anche qui tra Profeti e scene di vita della Madonna; terminate nel 1610 dal Pomarancio. Tra loro spiccava, e spicca, la Sibilla Cipria, richiamo alla picena dea Cupra.

Cristina sapeva, nella sua vasta cultura, la lunga storia della profetessa Sibilla. Il nome derivante dal greco eolico Sio che significa Dio, e bellen pensiero. Perciò colei che svela il pensiero divino. Comparsa nel X secolo a. C. a Delfi, dopo la Pizia, nel santuario sacro al dio Apollo. I suoi nomi si moltiplicarono e comparve in varie località del Mediterraneo, fino a Cuma. Virgilio ne parla al VI libro dell’Eneide. Dove Enea incontra Sibilla per farsi accompagnare nell’Averno. Dal mondo pagano, ad opera di autori come Sant’Agostino, fu accolta nel mondo cristiano. A prevedere la venuta del nuovo re Gesù Cristo, la sua morte e il giudizio universale alla fine del mondo. Tutto questo rievocò Cristina, davanti alle Sibille di Loreto.

Da Loreto si recò a Caldarola. Nel Castello dei Conti Pallotta sentì raccontare di un’altra Sibilla. Profetessa e maga viveva con le sue ancelle in una caverna sulla cima di una montagna, poco più a sud. Infine nel dicembre del 1655, arrivò a Roma. Fu accolta trionfalmente dal neoeletto Papa Alessandro VII. Si legò all’influente cardinale Decio Azzolino. Organizzarono feste memorabili, grandi concerti, un’accademia artistica. Nel settembre del 1665 Cristina stava con Decio tra le rossa mura di Villa Azzolino, a Grottammare. Cercarono, invano, un altro regno per lei. La loro passione più grande fu per le arti figurative e, in segreto, per l’alchimia. A Roma Cristina ammirò altre Sibille. Quelle scultoree di Michelangelo alla Cappella Sistina, le eleganti di Pinturicchio a Santa Maria del Popolo, le affabili di Raffaello alla Basilica di Santa Maria della Pace.

Cristina di Svezia (Jacob Ferdinand Voet, 1668)

Per questo, quando alla sua corte arrivò Giulia, con chiare capacità di telepatia e preveggenza, non ebbe dubbi: la chiamò Sibilla. Finalmente aveva accanto a sé una donna uscita dal mito e con lei sarebbe stata padrona del proprio destino. Sibilla, dopo poco tempo, previde per lo stesso anno la morte di Cristina, di Decio e di Papa Innocenzo XI. Alla notizia il Papa offeso fece imprigionare Sibilla a Castel Sant’Angelo. Correva il 1689 e in aprile morì Cristina, a giugno Decio e Innocenzo XI ad agosto. Il nuovo Pontefice Alessandro VIII liberò e accolse alla sua corte Giulia Sibilla. Trattandola con tutti i riguardi che meritava un’autentica veggente.

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