Addio, piccola anima fragile

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

Un corpicino sottile e minuto, il più delle volte nascosto sotto un ruvido giubbino di pelle stile punk; una voce profonda, unica, inconfondibile, che tante altre cantanti hanno invano cercato di imitare. Canzoni di successo, una miscela unica di rock e melodie tipicamente irlandesi, oltre trenta milioni di dischi venduti nel mondo: questi erano i Cranberries di Dolores O’Riordan. In Italia li abbiamo conosciuti grazie a Zombie, la canzone scritta all’indomani degli attacchi di Warrington compiuti dall’IRA nel 1993 (in cui rimasero uccisi un bambino di tre anni ed uno di dodici) che ha dato fama internazionale alla band.

Li ho visti in concerto nel 1999 a Bologna. Mi ci aveva trascinato il mio fidanzato dell’epoca, io per la verità conoscevo appena un paio di canzoni e non ero convinta mi sarei divertita. All’improvviso è apparsa lei sul palco, imbracciava una chitarra e ha dato il via al pezzo d’apertura. Mi sono detta è troppo piccola per quella Gibson, la sua voce non reggerà per due ore, la scenografia è essenziale, e i ragazzi della band sono tutti in jeans e maglietta. Insomma, non erano divi come altri musicisti in voga negli anni ’90, sembravano semplicemente dei ragazzi come noi. Beh, ho impiegato poco a capire che il segreto del loro successo è proprio questo e… in breve, hanno contagiato anche me. Le canzoni erano una più bella dell’altra, Dolores è stata fantastica, non si è risparmiata minimamente, ha mostrato grinta, ha tenuto il palco con grande sicurezza e lo spettacolo è stato davvero entusiasmante. Dopo quella sera, non ho più perso un loro disco. Mi è dispiaciuto quando il gruppo si è sciolto, ho compreso la voglia di fare esperienze artistiche separatamente, ma ho atteso fiduciosa la reunion.

L’immagine di lei in cui è più facile imbattersi sul web la ritrae coi capelli scuri, vestita di nero, una scorza di apparente durezza, due occhi grandi e bellissimi che tuttavia lasciano trasparire una sensazione di velata tristezza.  Nata in una famiglia povera, ultima di sette fratelli, scarsamente istruita, Dolores ha avuto un’infanzia terribile. L’ha rivelato lei stessa, ma solamente nel 2003. Per anni è stata vittima di abusi sessuali da parte di un uomo che purtroppo godeva della fiducia della famiglia. Un’esperienza drammatica che l’ha indubbiamente segnata e dalla quale ha cercato di riscattarsi anche attraverso la musica. «Ho iniziato a scrivere canzoni che avevo dodici anni. Non avevo idea del perché lo stessi facendo: era solo qualcosa dentro di me che voleva uscire».

Di lei hanno scritto negli anni tante cose. Dei continui e repentini sbalzi di umore, dei disturbi alimentari, dell’anoressia che l’aveva fatta finire in ospedale, del divorzio dopo vent’anni di matrimonio e tre figli, del tentativo di suicidio, del sospetto disturbo bipolare della personalità quando nel 2014 aveva aggredito una hostess all’aeroporto irlandese di Shannon. Io invece oggi voglio ricordarla con le parole della sua October, la canzone che più me la ricorda. «É la mia evoluzione la sola soluzione. Il tormento è tutto quello che mi tengo dentro».