Cavallo di Fuoco, storia di un evento che galoppa nei secoli

di ROSITA SPINOZZI –

RIPATRANSONE – Galoppa nei secoli il Cavallo di Fuoco, manifestazione folcloristica che ogni anno si sviluppa a Ripatransone durante l’Ottava di Pasqua, per arrivare ai nostri giorni mantenendo immutato il suo alone leggendario che, ogni anno,  torna ad incantare un numero sempre più alto di turisti e visitatori. La storia della sagoma equina più famosa del Piceno affonda le sue radici nel tempo, precisamente nella domenica in albis del 10 maggio 1682, quando la Confraternita della Madonna di San Giovanni diede incarico ad un fuochista di Atri di organizzare qualcosa di speciale per onorare il giorno della solenne inconorazione del simulacro della Madonna di San Giovanni.

Al termine del lavoro il fuochista improvvisò uno spettacolo con il suo cavallo e, utilizzando il materiale pirotecnico che gli restava, fece schizzare in aria lingue di fuoco ed altre ‘bizzarrie’. L’idea piacque subito ai ripani tanto che l’anno successivo alcuni cittadini, memori di ciò che era accaduto, rievocarono l’episodio segnando così la nascita di una lunga tradizione destinata a non scomparire mai più, ad eccezione delle cinque edizioni saltate durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.

Con molta probabilità fino al 1700 si continuò a rievocare il Cavallo con un animale vero e, dopo quello cavalcato da Pietro Marenzi nel 1701, seguirono una sagoma di legno del peso di 65 chili portata a spalla dal ripano più robusto fino al 1932, successivamente un modello posto su due ruote e trainato con un lungo timone, per poi arrivare al 1994 con un nuovo Cavallo ricostruito in lamiera di ferro dall’artigiano ripano Umberto Nucci. Quest’ultimo modello (peso di 2,5 quintali per una lunghezza di 3 metri ed altezza di 2,5) genera fuochi molto più spettacolari rispetto ai precedenti ed è soprattutto grazie ad esso che l’afflusso di persone a questa manifestazione è cresciuto in modo vertiginoso.

Fra le celebrazioni dell’Ottava di Pasqua, il Cavallo di Fuoco è inserito come manifestazione civile ma, nonostante ciò, rimane una festa essenzialmente religiosa tanto che la sua organizzazione è demandata alla Confraternita della Madonna di San Giovanni. L’evento si svolge al calare dell’oscurità nelle Piazze Condivi e Matteotti, seguendo un rituale ormai consolidato nel tempo che vede il Cavallo arrivare davanti al Duomo, passando per la circonvallazione panoramica della città. In Largo Speranza la sagoma equina incontra il Corpo Bandistico ‘Città di Ripatransone’, al suono della tradizionale marcia n.23 del maestro Vincenzo Guarino.

Dopo un breve giro di ricognizione nelle Piazze, viene spenta la pubblica illuminazione e azionato il meccanismo dei fuochi artificiali con tanto di ‘baffi’ (scintille che piovono a sorpresa sulla folla dai due fianchi del Cavallo), e ‘girella’ (corona di petardi che rotea dalla testa del finto animale e conclude le proprie evoluzioni nel cielo). La traiettoria dei fuochi è imprevedibile: alcuni salgono al cielo, altri partono paralleli alla strada, ma le scintille non sono pericolose tanto che esserne ‘bagnati’ porta fortuna. Particolarmente intensa è la detonazione che segna il termine ultimo della rievocazione, e dell’intera ricorrenza. Notevole la popolarità del Cavallo, tradotta anche nella vendita di gadget ufficiali tra cui felpe, berretti e bandane,  mentre uno degli apprezzati vini locali è stato denominato Cavallo di Fuoco.

Oltre ad essere il simbolo concreto dell’immutabilità delle tradizioni, il Cavallo di Fuoco è anche un momento di notevole aggregazione della popolazione cittadina, compresa quella emigrata che torna appositamente al luogo di origine per assistere alla più spettacolare festività ripana. Ma a “sentire” il Cavallo sono soprattutto i giovani che, oltre ad accompagnarlo insieme alla Banda lungo il suo tragitto, dal 2005 hanno concretizzato l’attesa per la manifestazione con una veglia del sabato durante la quale si esibiscono alcuni gruppi musicali emergenti.

Altro elemento degno di nota è il traguardo davvero speciale raggiunto dall’evento, ovvero  il riconoscimento di ‘Patrimonio d’Italia per la tradizione’, l’unico assegnato per le Marche nel 2011 dall’allora ministro del turismo on.Michela Vittoria Brambilla, quale espressione della capacità di promuovere il turismo e l’immagine nazionale, di valorizzare la storia e la cultura del territorio con un’interpretazione adeguata ai tempi odierni. Resiste nei secoli il Cavallo di Fuoco, ma resterà sempre giovane e non morirà mai perché a tenerlo in vita è il cuore di tutti i ripani.