“La cuoca di Castamar”: amore, vita e cucina in una storia d’altri tempi

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Quando Fernando J. Múñez scrisse il romanzo La cocinera de Castamar, nel lontano 1984, era poco più che un ragazzo e probabilmente non immaginava che ne avrebbero tratto, nel 2021, una serie televisiva di successo trasmessa in streaming, dove lui avrebbe dato un proprio contributo come autore nella sceneggiatura, garantendo un’adeguata aderenza al testo originario. Effettivamente La cuoca di Castamar è una bella serie, coerente nell’impianto cinematografico, non troppo lunga – una sola stagione sviluppata su 12 puntate – e non eccessivamente stile “telenovela”, pur con dei rimandi al genere, come andava di moda sul finire del secolo scorso nei paesi dell’America Latina. A tal proposito, va subito detto che proprio in quei paesi, la serie ha avuto un successo travolgente, probabilmente superiore che in patria.

Iniziamo con il dire che c’è un’ottima ricostruzione storica della vita nella Madrid del 1720. Molto belli i costumi, le ambientazioni e le atmosfere del tempo. Gran parte degli episodi è stata registrata presso alcuni palazzi reali e monasteri di Madrid, ma anche a Segovia e Cuenca. In particolare, vengono spesso mostrati la facciata e i giardini del Palazzo dell’Infante Don Luis a Boadilla del Monte, giustamente conosciuto come “la piccola Versailles”. Gli episodi hanno un ritmo ben dosato, tra intimismo e azione, scorrono piacevolmente senza accenno di calo d’attenzione nello spettatore. I personaggi sono ben delineati nei profili caratteriali, senza contraddizioni, in un crescendo delle dinamiche familiari e tra i casati, con intrighi e spionaggi, delitti e tradimenti, tra speranze e delusioni, successi e scandali, nel dedalo delle trame, nella perenne lotta tra il bene ed il male, tra meschinità e nobiltà d’animo.

Pur non rivelando la trama, possiamo dire che tutto ruota intorno ai due personaggi principali, Clara Belmonte, una giovane cuoca che soffre di agorafobia, colta e oltremodo intelligente e sensibile, e il duca Diego di Castamar, uomo fascinoso e forte, concretamente “giusto”, che non tollera le ambiguità, gli egoismi e l’insensibilità che vede negli atteggiamenti dei suoi pari. E qui, nello sviluppo scenico, c’è un bel gioco nel ricostruire le differenze sociali, apparentemente lontane e insormontabili, eppure vicine e tali da sconvolgere i dogmi interni al ducato. La struttura narrativa è ricca di colpi di scena, di pathos e con percentuale non trascurabile di eros tra alcuni personaggi, in un ingorgo di ambizioni e cospirazioni.

Uno degli aspetti che sorprende lo spettatore riguarda il cibo, ovvero le ricette del tempo, elaborate nella grande cucina del ducato, e che sono ben più che semplice alimentazione. C’è una sapiente trattazione anche filosofale, psicologica e spirituale che si evidenzia nella protagonista. Clara Belmonte non è una cuoca comune, “entra” nel cibo, nelle sue materie prime, come una via di realizzazione, un percorso per il sé, realizzando le ricette come una trasmutazione alchemica, una strada di armonia e speranza che contagia – e in un certo senso guarisce – le persone che incontra negli accadimenti della storia, all’interno del palazzo ducale.

Nello scorrere degli episodi c’è un indubbio trasporto visivo, un “parteggiare” per alcuni, in particolare per i due protagonisti principali. Riassumendo, La cuoca di Castamar è una serie da vedere, perché ben fatta ma anche per nutrire alcune curiosità personali, riguardanti la vita nel 1700. E per chi è appassionato di cucina c’è una ragione in più, non tanto per apprendere una ricetta quanto per quel modo intimista e colto di accostarsi alle cose, nella consapevolezza che la piena riuscita qualitativa della pietanza non è solo nell’eseguire correttamente la procedura quanto nel comprendere i linguaggi sottesi e sapervi interagire.

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