Intervista con Maxs Felinfer e Patricia Vena: «La consapevolezza e l’empatia salveranno il mondo»

di ROSITA SPINOZZI –

Intervista a due voci con Maxs Felinfer e Patricia Vena. Maxs: «Credo nell’Universo, Dio di tutti gli dei. La vita dopo la morte la vedo come polvere di stelle». Patricia: «Scrivo perché ne ho bisogno, perché non so urlare, e a volte non so neanche piangere» – 

MONTEPRANDONE – Lei è una magnifica poetessa laureata in biochimica, lui un magnifico artista con alle spalle una carriera internazionale, nonché fondatore nel 1969 del movimento Seblie. Entrambi nati in Argentina e residenti da oltre trent’anni in Italia, vivono a Monteprandone e dal 2001 fanno parte del Gruppo Europeo d’Arte Contemporanea Frequenzen con il quale partecipano a simposi e mostre in diversi paesi europei. Più semplicemente, Patricia Monica Vena e Maxs Felinfer sono due persone che una volta conosciute non le dimentichi più. Perchè brillano di una luce particolare, lasciano il segno: nei loro occhi ci sono ancora le tracce di una vita vissuta intensamente e consapevolmente. Il loro è uno sguardo pieno d’amore, di poesia e speranza. Nonostante la consapevolezza di una realtà ben lontana dai loro principi ispiratori di pace, bellezza, arte e giustizia. Maxs e Patricia, uniti nel lavoro e nella vita, sono testimonianza di quanto l’arte e la poesia facciano bene all’anima. Le poesie di Patricia sono un dono, le opere di Maxs scuotono le coscienze. Li conosco, li stimo e li frequento da circa vent’anni: la mia evoluzione culturale passa anche attaverso di loro, pertanto mi è venuto subito spontaneo pensarli per dare il via alle mie “interviste a due voci”. Venti domande, venti risposte. Per conoscerli – e per conoscerci – meglio.

Tre aggettivi per definirvi
Maxs: Onesto, caparbio, equilibrato.
Patricia: Allegra, ingenua, timida.

Un vostro personale pregio e difetto. Un pregio e difetto reciproco
Maxs: Un mio pregio è che sono innamorato della vita. Un mio difetto, a volte sono troppo cupo. Un pregio di Patricia la sua umanità, un suo difetto è essere un po’ ossessiva.

Patricia: Un mio pregio credo sia la pazienza, un mio difetto l’arrendevolezza. Un pregio di Maxs la creatività, a 360 gradi, anche nella vita quotidiana. Un suo difetto la testardaggine (che è anche un pregio, però).

Siete residenti dal 1988 in Italia. Quanto è “distante” oggi per voi l’Argentina?
Maxs: Sempre 12.000 chilometri.
Patricia: Molto più di trent’anni fa.

Quanto, invece, è “vicina”?
Maxs: Parafrasando Patricia: “nessuno se ne va per sempre… siamo rimasti un po’ nell’aria e un po’ nella terra”.
Patricia: La “mia” Argentina è molto vicina, perché è dentro di me. Ma non esiste più.

Com’è avvenuto il vostro primo incontro?
Maxs e Patricia: Ci siamo incontrati in un locale in cui si ascoltava musica. Il resto è venuto da sé.

Com’eravate  da bambini?
Maxs: Felice, disegnavo tutto il tempo (ne ho le prove).
Patricia: Sola, in quanto figlia unica. Troppo ubbidiente, sempre desiderosa di giocare. Innamorata della lettura.

Seblie e il ruolo dell’arte. Quanto di quel movimento artistico creato negli anni Sessanta in Argentina si è sviluppato anche in Italia? E con quali diversi risultati?

Maxs: In Italia abbiamo creato un gruppo che ha realizzato performances artistiche, che coinvolgevano diverse discipline, per una decina d’anni. I risultati sono stati sempre soddisfacenti e tu ne sei testimone. Comunque in Argentina c’era una maggiore predisposizione da parte del pubblico ad essere coinvolto.

Patricia: È stato un lavoro fatto in gruppo, quindi la mia risposta coincide con quella di Maxs.

Il Gruppo Seblie sostiene che “L’arte è semplicemente un’espressione dell’uomo. Altre pretese sono solo vanità”. Quanta vanità c’è oggi?
Maxs: Poiché è sempre minore la propensione delle persone a guardarsi dentro, la superficialità e, di conseguenza, la vanità, sono aumentate notevolmente.

Patricia: Ce n’è tanta di vanità. Ed è naturale, in un mondo e un tempo in cui ciò che conta è “l’immagine” che si dà di sé, e non solo fisicamente, ma anche professionalmente e artisticamente.

Dicono che “la bellezza salverà il mondo”. In alternativa?
Maxs: La bellezza senza consapevolezza non può salvare niente.
Patricia: L’empatia.

Dalla biochimica alla poesia il passo non è breve. Ma non è il caso di Patricia, visto che la poesia ha sempre fatto parte di lei. Come convivono  questi due aspetti?
Patricia e Maxs: Tutta la conoscenza che un individuo acquisisce nella sua vita fa parte della sua natura e lo arricchisce, e quindi può diventare strumento per fare poesia.

Parliamo di Caffè Letterario Novecento, una vostra pagina facebook molto interessante che tratta di narrativa, poesia e saggistica. A tal proposito, che rapporto avete con i social?
Maxs: Sono uno strumento di enorme potenziale, ma hanno una loro porzione di tempo nella mia vita, non sono preponderanti.

Patricia: Mi interessano, direi che mi affascinano, non tutti però. Ad esempio quelli in cui predominano le foto e i video non mi attirano, non vedo perché dovrei passare del tempo a guardare ciò che fanno tutto il giorno altre persone, che siano o no famose. Preferisco quelli “da leggere”, per informarmi, per conoscere autori o libri, e anche per confrontarmi con altre persone su argomenti che mi interessano.

Descrivete la vostra arte in una frase o, se volete, in una parola
Maxs: L’arte è un’espressione dell’uomo. Qualsiasi altra pretesa è solo vanità.
Patricia: Scrivo perché ne ho bisogno, perché non so urlare, e a volte non so neanche piangere.

Il nome di una persona, o di un collega vivente, che stimate in modo particolare
Maxs: È troppo difficile scegliere un unico nome, poiché sono tante le persone che, nel corso della vita, hanno suscitato un sentimento di stima. In questo caso, visto che mi chiedi di menzionarne uno, dico Giancarlo Orrù: è stato il primo artista italiano che ho conosciuto pochi giorni dopo essere arrivato in Italia, e con il quale ho trovato molti punti di contatto come artista e come persona.

Patricia: Alessandro Baricco, perché nella sua scrittura ho trovato una perfetta congiunzione tra narrativa e poesia. È come se le sue storie fossero lunghe poesie scritte in forma di prosa. E perché ammiro il suo utilizzo del linguaggio, innovativo senza trasgressioni, e la sua capacità di rendere semplici concetti complessi attraverso esempi e metafore che solo a lui possono venire in mente.

Una vostra fonte di ispirazione. Oppure un libro, o un quadro, che vi ha cambiato “prospettiva”
Maxs: Il libro di Friedrich Nietzsche “Così parlò Zarathustra”, perché l’ho letto quand’ero molto giovane e cambiò completamente il mio modo di pensare. Ma, anche qui, posso dire che sono così tanti i libri, le opere teatrali, i film, i quadri, che hanno forgiato il mio pensiero, menzionarne uno solo è riduttivo.

Patricia: “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Màrquez, che ho letto per la prima volta a quindici anni, e mi ha aperto le porte al realismo magico, movimento letterario di cui Garcia Màrquez è stato, secondo me, il più grande esponente. Dopo quella prima lettura sapevo solo che amavo quel libro, quella storia, anzi, quell’insieme di storie aggrovigliate, ma non sapevo dire perché. Poi, con il tempo, un po’ alla volta, ho capito che era proprio quel suo modo di inserire la magia nella realtà, senza enfatizzarla come elemento centrale della storia, anzi, quasi fosse uno dei suoi tanti aspetti, ad affascinarmi e lasciarmi senza fiato. E anche nel caso di questo autore, il suo uso del linguaggio mi ha travolto.

Come vedete il mondo oggi?
Maxs: Come ogni individuo, nella storia dell’umanità, vide il mondo nel suo tempo: disastrato.
Patricia: In pericolo, per l’umanità.

Ottimisti o pessimisti?
Maxs: Ottimista.
Patricia: Ottimista.

 Siete credenti? Come immaginate la vita dopo la morte?
Maxs: Credo nell’Universo, Dio di tutti gli dei. La vita dopo la morte la vedo come polvere di stelle.

Patricia: Sono agnostica. Credo nella Natura, come fautrice di tutto. La vita dopo la morte è una domanda per la quale non ho una risposta, poiché, avendo una formazione scientifica, non ho a disposizione dati che mi permettono di esprimere un’ipotesi.

Che progetti avete nell’immediato?
Maxs: Continuare a vivere e a dipingere, per quanto mi sarà possibile. Il resto verrà da sé.
Patricia: Vivere, scrivere, incontrare amici, godere di ogni momento.

Come vi vedete tra una decina di anni?
Maxs: Molto vecchio.
Patricia: Vecchia.

Concludete con un pensiero “graffiante”
Maxs: Bisogna tentare, con ogni mezzo, di lasciare testimonianza di sé su questo mondo, che è il motivo per cui ci siamo venuti.

Patricia: Scrivere deve servire per prima cosa a noi stessi, quindi non copiate, non imitate, e smettete di frugare tra le pagine dei dizionari alla ricerca di parole “difficili”, piuttosto frugate dentro di voi.

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