La tradizione delle uova di cioccolato, dal Re Sole allo Zar Alessandro III

Uovo di cioccolato (fonte: Pinterest)

di RAFFAELLA CIUFO –

Fra pochi giorni le uova torneranno a troneggiare sulle nostre imbandite tavole pasquali, per la tradizione che l’uovo rappresenta un forte simbolo di rinascita, per il suo contenuto che porta nuova vita. Tuttavia si tratta di un significato simbolico che non nasce con l’avvento del Cristianesimo, mentre dobbiamo risalire fino a tempi antichissimi fra le culture pagane. Già fra i Persiani, ma anche fra i greci, gli egizi e i romani, era in uso lo scambio benaugurante di uova di gallina in concomitanza della rinascita primaverile. In Russia e in Svezia sono state trovate uova di creta in molti sepolcri, come in Beozia sono state ritrovate in alcune tombe statue di Dioniso con un uovo in mano, simbolo appunto di ritorno alla vita.

Nel corso dei secoli, le uova iniziarono ad essere decorate e colorate, utilizzando vegetali nell’acqua di bollitura e il loro scambio augurale si diffuse ampiamente nel Medioevo, arrivando infine alla tradizione cristiana che sostituì al significato del risveglio primaverile della natura quello della resurrezione di Cristo. Via via nei secoli, dalle uova di gallina come dono si passò fra i nobili alla realizzazione di uova d’oro e d’argento, impreziosite da smalti e pietre preziose. Fino a quando, nel 1700 il re Luigi XIV di Francia ebbe l’idea di sostituire alle tradizionali uova d’oro da regalare ai membri della corte delle innovative uova di cioccolato, chiedendone la realizzazione al suo cioccolatiere di corte David Chaillou. Le uova del Re Sole, che ebbero enorme gradimento, erano tuttavia piene e non cave come le conosciamo noi.

Molto più tardi, nel 1887, lo zar di Russia Alessandro III commissionò all’apprezzatissimo orafo Peter Carl Fabergé un uovo speciale per farne dono alla zarina Maria sua moglie, con la raccomandazione che il prezioso uovo contenesse al suo interno una sorpresa stupefacente. L’abilissimo e raffinatissimo Fabergé realizzò un uovo meraviglioso in platino, decorato con smalto e pietre preziose. Ma con la particolarità di essere una sorta di uovo “matrioska”, perché al suo interno conteneva un altro uovo che, a sua volta, conteneva infine la “sorpresa” : la riproduzione in miniatura della corona imperiale e un pulcino d’oro. L’uovo di Fabergé suscitò tale ammirazione che la tradizione durò per anni, anche con il successivo zar Nicola II, il quale – fino alla Rivoluzione d’Ottobre – ogni Pasqua ordinò a Fabergé due preziose uova, una per sua madre e una per sua moglie: la collezione imperiale ne conta 52 esemplari straordinari.

Tornando all’arte della cioccolateria, che nel tempo si era evoluta soprattutto – a quanto sembra – ad opera di cioccolatieri torinesi, l’uovo di cioccolato nel XX da secolo da pieno divenne cavo e ispirandosi a Fabergé, iniziò l’usanza di nascondere all’interno dell’uovo una sorpresa, così come ancora oggi sono le nostre tradizionali uova di cioccolato che, come abbiamo visto, vengono da molto lontano.

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