Coronavirus, il cambiamento ci salverà. E dopo gli abbracci saranno più belli

di ROSITA SPINOZZI –

Ho sempre trovato profondamente veritiera l’affermazione “Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno la più intelligente. Sopravvive la specie più predisposta al cambiamento”. Oggi più che mai. Lo scienziato e naturalista inglese Charles Robert Darwin (1809-18882), non aveva di certo il dono della preveggenza bensì una grande sete di conoscenza ed un intuito formidabile tali da portarlo ad affrontare lunghi anni di studio per formulare la teoria dell’evoluzione: “ L’origine della specie per selezione naturale” (1859), il suo lavoro più noto, considerato ancora oggi una pietra miliare per tutti gli studiosi e appassionati del settore.

In questi giorni bui dominati dal timore, dall’incertezza e dal susseguirsi di ordinanze e Dpcm per contrastare l’avanzata del Coronavirus, ho trovato rifugio non solo nella speranza ma anche nelle parole di Darwin. Perché il passo più grande e dolorosamente necessario che ci viene richiesto, è proprio quello del cambiamento. Cambiare le nostre abitudini, il nostro modus vivendi, restare a casa, stare ad un metro di distanza dalle persone, evitare ogni dimostrazione fisica di affetto. Negozi chiusi, fatta eccezione delle attività di generi alimentari, di prima necessità e delle farmacie. La città improvvisamente si è trasformata in un deserto, la pandemia incombe e tutto quello che ieri ci sembrava così naturale e scontato oggi diventa una conquista che dipende esclusivamente da noi.

Ci è stato chiesto di cambiare. E per sopravvivere dobbiamo farlo, perché il Covid-19 si può sconfiggere soltanto se remiamo tutti nella stessa direzione, se ci rispettiamo l’un l’altro. Non è semplice, ed è comprensibile lo stato d’ansia che ci opprime. Chiedersi se è lecito e necessario fare una passeggiata, frenare l’impulso di abbracciare una persona cara, perdere momentaneamente le proprie abitudini, essere consapevoli che superata questa emergenza avremo, a livello economico e non solo, serie difficoltà. Non sarà facile  rimetterci in piedi, ma abbiamo già superato tante catastrofi. Questa è una delle più grandi e inaspettate che, paradossalmente, oggi allontana le persone per consentire loro domani di stare vicine.

É fondamentale comprendere questo aspetto. Si torna a stare a casa, a passare tempo in famiglia, a riscoprire i nostri cari e – perché no? – anche noi stessi. I tempi non saranno brevi ma il tempo stesso, si sa, è galantuomo e farà la sua parte. Nel frattempo siamo nelle nostre stesse mani e nelle mani sacrosante di medici ed infermieri che stanno lavorando incessantemente per guarire le persone malate e per salvaguardare la nostra salute. Sono angeli custodi in prima linea. A noi resta il sacrificio, la speranza e l’attesa del giorno in cui tutto questo sarà solo un pallido ricordo. Allora torneremo ad abbracciarci, sì, ma con una nuova consapevolezza. E quell’abbraccio sarà per noi il più bello del mondo. Ad maiora.

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