L’intervista – Giulia Cicoli e Nicolò Govoni, ecco i nostri giovani migliori

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

Voglio raccontarvi di ragazzi che, anziché restare a guardare come vanno male certe cose nel mondo, si danno da fare per migliorarlo. Voglio raccontarvi di Nicolò Govoni e Giulia Cicoli, cofondatori insieme a Sarah Ruzek della Ong italo-greca “Still I Rise” e membri dello staff permanente con Mattia, Nicoletta, Nina, Tatjana, Brodie. Insieme ad altri volontari, ogni giorno a Samos (Grecia) forniscono assistenza a minori non accompagnati in fuga dalla guerra, dalla miseria, provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan, Palestina, Iran, Congo. Li ho raggiunti telefonicamente, ho parlato a lungo con Giulia e più l’ascoltavo, più m’incantava. Giovani di venticinque, trent’anni che hanno avuto il coraggio di dire “no” a una realtà preconfezionata, hanno preso in mano la loro vita e ne hanno fatto un capolavoro.

Giulia, come hai conosciuto Nicolò Govoni e com’è nata “Still I Rise”?
Mi trovo a Samos dal 2016. L’idea era di fermarmi per un breve periodo ma quando conosci la sofferenza di queste persone, non ce la fai a voltargli le spalle e tornartene a casa. Ho lasciato lavoro, fidanzato, Paese e sono rimasta qui. Nicolò è arrivato nel 2017 con un’altra Ong, aveva già vissuto un’esperienza forte in India e contribuito a salvare un orfanatrofio. Quando gli altri sono ripartiti, ha scelto di restare con me a tenere i corsi estivi per preparare i bambini a essere inseriti nella scuola greca. Ci avevano promesso che sarebbero stati integrati, invece non è andata così. Ecco perché abbiamo deciso di fondare Still I Rise e costruire la scuola di Mazì.

Avete costruito una scuola… ma siete giovanissimi!
Ho trentatré anni e sono di Vimercate, Nicolò invece è di Cremona e ne ha ventisei. Sai che Mazì in greco vuol dire Insieme? Io ho potuto studiare, viaggiare, nessuno ha mai messo in discussione i miei diritti e tutto ciò non per meriti, ma perché sono italiana. Ho avuto la fortuna di nascere dalla parte “giusta” del Pianeta. A questi bambini, invece, non viene riconosciuto proprio niente. Ecco, la differenza che passa fra vite umane che dovrebbero avere lo stesso valore è tutta in un documento d’identità. A Samos ci sono oltre 4000 profughi, ammassati in un campo che ne potrebbe contenere 650. Una doccia ogni duecento persone, un medico ogni duemila. Circa un terzo sono minori non accompagnati, con problematiche psico-fisiche importanti. Vivono sotto tende fatiscenti, in mezzo al fango e ai topi.

Chi si occupa di loro?
L’Unione europea e l’Alto Commissariato per i rifugiati stanziano fondi, ma nessuno controlla se e come vengono spesi, né in quali condizioni vivono i profughi mentre vengono valutate le domande di asilo o di ricongiungimento.

Qual è stato il primo caso di cui ti sei occupata?
Era un bambino in fuga dalla Siria, aveva subito torture, aveva visto morire il padre. É arrivato insieme al fratello più grande che subito dopo è partito per Atene, per avviare la pratica per ottenere la sua custodia legale. C’è voluto tanto tempo e il piccolo era spaventato, si sentiva solo. L’abbiamo inserito in una classe, ha persino imparato a suonare la chitarra e ricordo che era bravo. Non dimenticherò mai l’emozione nei suoi occhi il giorno che il fratello è tornato a prenderlo. Oggi vivono entrambi in Belgio, sono perfettamente integrati.

Com’è che i bambini si fidano di voi?
Perché sei l’unica persona gentile che incontrano da non sai quanto tempo. E poi non hanno scelta, hanno bisogno di tutto e sono soli. Arrivano qui che hanno dai dieci anni in su. Cerchiamo di aiutarli con vestiti puliti, con il cibo, con la scuola, con l’amore. Da quando abbiamo costruito Mazì avremo avuto più di mille studenti. Apriamo alle otto e oltre a lezioni di inglese, matematica, greco, scienze, geografia, storia e musica, riusciamo a servire colazione e pranzo. Quando lasciano il campo, vengono trasferiti ad Atene o Salonicco nelle strutture per minori non accompagnati, in genere case famiglia. Ma sono in numero insufficiente a ospitarli tutti e la legge prevede che se uno di loro lascia la struttura per più di ventiquattro ore, anche solo per andare a trovare un amico, al ritorno avrà perso il posto. É così che finiscono in strada, in una città sconosciuta, da soli. E la Polizia allora li porta in carcere, in attesa che una struttura possa ospitarli. Cerchiamo di portargli cibo, vestiti e coperte anche lì, ma rimangono in cella per tanto tempo senza aver commesso nessun crimine.

Ma qualcuno avrà la responsabilità legale di questi bambini?
La Manager del campo è responsabile delle condizioni di vita qui, ecco perché abbiamo deciso di denunciarla e di portare davanti al Parlamento europeo un’interrogazione al riguardo. Io sono figlia dei valori fondanti dell’Europa, ci credo e voglio che le istituzioni rispondano. E intervengano.

Quello che fate ogni giorno è molto impegnativo. Cos’è che vi fa andare avanti?  Sapere di ragazzi che sono stati qua e che oggi sono integrati, vanno a scuola, lavorano, hanno raggiunto la famiglia da qualche altra parte. É bello sapere che almeno qualche storia ha un lieto fine e che abbiamo avuto un impatto positivo su di loro nel momento più delicato della loro esistenza. Da quando sono qui ho visto il meglio e il peggio dell’umanità. Qui ho i ricordi più belli e più brutti della mia vita.

Cosa possiamo fare per aiutarvi?
Il movimento dei migranti verso l’Europa è un tema che la gente non conosce veramente, bisogna raccontare chi sono queste persone e in quali condizioni vivono. Abbiamo bisogno di insegnanti, medici, volontari che si mettano a disposizione anche solo per poche settimane. E poi servono soldi, perché questi bambini non hanno nulla e invece hanno bisogno di tutto. Qualsiasi donazione, anche di pochi euro, è preziosa. Abbiamo creato una lista dei desideri su Amazon, contiene libri in tutte le lingue, zaini e molto altro. Potete consultare il nostro sito www.stillirisengo.org Non siamo speciali, possiamo contribuire tutti a cambiare il sistema, se siamo capaci di guardare le cose per quello che sono, se non voltiamo lo sguardo da un’altra parte. Se non chiudiamo gli occhi. Abbiamo l’opportunità di costruire un mondo migliore, un giorno alla volta. Un bambino per volta.

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