“Obiettivo risarcimento”, levata di scudi contro lo spot con Enrica Bonaccorti

Enrica Bonaccorti

di RAFFAELLA CIUFO –

Spot sospeso sui canali Rai e Mediaset in attesa di valutazione da parte dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria. Sono state scagliate anche aspre invettive contro la stessa testimonial dello spot, una seria ed equilibrata professionista come Enrica Bonaccorti, colpevole di aver prestato la sua immagine per veicolare l’incriminato messaggio pubblicitario. E già questo si profila come sintomo di una reazione scomposta da parte della classe medica sentitasi lesa dallo spot che, a considerare l’immediata animosità e contrasto suscitati, sembrerebbe invece avere involontariamente e indirettamente pizzicato un nervo scoperto. Di che si tratta? “Obiettivo Risarcimento” è il nome di una società che si occupa di consulenza e patrocinio legale con finalità – nella sua mission – dell’ottenimento di risarcimento del danno in casi di malasanità, sinistri stradali, infortuni sul lavoro-malattie professionali e molte altre tipologie di infortuni.  Offre i suoi servizi gratuitamente fino ai primi step della procedura seguita, il che tuttavia risulta sostanziale per chi nella eventuale controversia rappresenta il “soggetto debole” sul piano dell’indisponibilità economica per far fronte già alle prime spese: inizialmente far esaminare il proprio caso da un avvocato e da un perito esperti in materia per accertare se sussistano o meno gli estremi per avanzare una richiesta di risarcimento.

La società “Obiettivo Risarcimento” – che è leader e dunque non l’unica nel suo settore – esamina gratuitamente la documentazione del richiedente, quindi se il primo step viene superato, la pratica passa al vaglio ancora più tecnico dei periti medico-legali. A questo punto, se il caso viene accettato, la società di tutoring propone il proprio patrocinio al richiedente con la seguente formula: se l’azione legale promossa darà esito negativo, il cliente ancora una volta non dovrà pagare nulla; in caso invece di esito positivo, il cliente risarcito rimborserà le spese sostenute dalla società e riconoscerà altresì una percentuale sul valore del risarcimento ottenuto per i servizi resi dalla società stessa.

Ci domandiamo a questo punto dove risiedano le ragioni di tanto scalpore per uno spot che francamente né istiga, né veicola messaggi distorti. Ma si limita ad informare su una possibilità, peraltro teoricamente già esistente in base alle leggi italiane. In aggiunta, come illustra Roberto Simioni, presidente di “Obiettivo Risarcimento”, non si tratta di avviare sempre e comunque azioni al limite del temerario. La società riceve annualmente migliaia di richieste, di cui viene accettato solo il 10% con una massiccia operazione di filtraggio. Però, e questo è importante evidenziare, dei casi accettati l’esito conclusivo fa registrare un successo nell’elevatissima percentuale del 98%.

«Si può sbagliare? Purtroppo sì», come garbatamente dice la Bonaccorti nello spot sotto i riflettori. Si può sbagliare nel privato come nel pubblico e secondo l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – la percentuale di eventi avversi sul numero complessivo di ricoveri è pari al 10% (report OMS, 2015). Di questi eventi avversi – sempre l’OMS – circa la metà non è attribuibile a responsabilità mediche. Se andiamo ad applicare questi dati OMS alla situazione italiana nello stesso periodo, troviamo che su complessivi 8 milioni di ricoveri sarebbero stati potenzialmente 400mila i casi in Italia di eventi avversi riconducibili ad errori diagnostici, terapeutici, a disorganizzazione nelle strutture, a mancato rispetto di norme e procedure. Insomma, numeri ragguardevoli che dovrebbero piuttosto indurre ad accendere un riflettore su questioni come preparazione professionale e aggiornamenti adeguati, revisione di procedure, miglioramento dei controlli sul piano organizzativo della struttura sanitaria.

Nel privato, è sostanzioso il numero di casi con richiesta di risarcimento in campo odontoiatrico, oculistico e della chirurgia estetica. «La medicina non è una scienza esatta», amano ripetere i medici. Ma è proprio vero? Facciamo un esempio in campo odontoiatrico, specificamente impiantologico: se l’osso mascellare o mandibolare non ha una larghezza della cresta sufficiente ad ospitare l’impianto, si può ricorrere alla metodica cosiddetta dello split crest, in buona sostanza una frattura longitudinale dell’osso al fine di divaricarne le due metà fino a poter ospitare le dimensioni dell’impianto. Questa metodica richiede fondamentalmente due prerequisiti: l’estrema perizia dell’operatore e un’adeguata altezza dell’osso da trattare, fissata in un limite minimo ben preciso di millimetri. Se questi due prerequisiti sussistono e l’intervento, nonostante ogni altra precauzione, ha tuttavia un esito sfavorevole, si può parlare di insuccesso, dovuto a quel margine di imponderabilità che fa definire lecitamente “la medicina una scienza non esatta”. Ma se l’operatore non ha estrema perizia, tale da saper gestire anche la frattura procurata, oppure l’altezza minima dell’osso non è rispettata come prescritto, allora nel manifestarsi del caso avverso non possiamo più parlare di insuccesso, bensì di errore con conseguenze prevedibili e in questo caso possiamo affermare che “la medicina è una scienza esatta”. Non ci si può far scudo del contrario.

Copyright©2019 Il Graffio, riproduzione riservata