Lacrime in un Paese dove gli uomini non ascoltano più la propria coscienza

di RAFFAELLA CIUFO –

Lacrime per le vite spezzate in un attimo come lo strallo di un ponte. Per le vite spezzate di intere famiglie: in che modo potranno rassegnarsi alla straziante parola morte, se non la malattia e non la fatalità hanno strappato via da sé, dalle loro case, così in un lampo i loro cari? Non c’è rimedio, non c’è balsamo per questa fitta al cuore. Perché era evitabile. Lacrime per un Paese, in cui per incuria crollano all’improvviso soffitti di aule scolastiche e si perdono vite. In cui per lunghissimo tempo si è fatto finta di non vedere una strana terra con dei fuochi sopra e in coincidenza, lì in quella terra dei fuochi, un insolito aumento di mortalità infantile. In cui è aumentato il numero  delle morti sul lavoro, spesso per il mancato rispetto delle norme di sicurezza.

Se ne cercano subito i colpevoli. Ed è la prima cosa non sufficiente, ma giusta da fare, sebbene taluni, da più parti, ravvedano incomprensibilmente una sorta di eccessiva violenza giustizialista in questa determinata volontà di individuare di chi sia la colpa. É incomprensibile che ci sia più di qualcuno che si soffermi sui toni, dinanzi a disastri del genere. Invece di inorridire. Soprattutto per il proliferare di coscienze soffocate, messe a tacere, per vantaggi economici diretti o trasversali.

Lacrime quando in un Paese gli uomini non ascoltano più la propria coscienza, un male dilagante e pervasivo, per il quale non c’è vaccino. Mentre siamo pieni di vaccini, taluni forse anche inutili, chissà, da imporre con forza ad una popolazione che, in buona parte, li teme per i propri figli. Chi ha ragione e chi ha torto? I vaccini hanno salvato e salvano molte vite. Ma nello stesso tempo, possiamo dire di essere sicuri al di là di ogni ragionevole dubbio che la somministrazione multipla, iperattivando la risposta immunitaria in bambini così piccoli non provochi essa stessa delle ripercussioni, che ancora realmente non conosciamo? Seguendo un coscienzioso principio di precauzione non si potrebbe richiedere al produttore di vaccini di tornare a produrre vaccini monovalenti? Cos’è che impedisce un’azione del genere? Una ragionevole azione di cautela per la tutela di intere generazioni che forse – e per la coscienza basta già il forse – potrebbero derivarne in alcuni casi danni permanenti? Queste linee di condotta impositive, accompagnate da nette manchevolezze in ordine ad un’informazione trasparente, come l’esistenza di un doppio bugiardino, di cui uno omissivo, che accompagna i vaccini aiutano a rassicurare i genitori o li mettono maggiormente in allarme? All’opinione pubblica, l’opinione proprio quella semplice della gente comune, sembra una condotta controsenso e fa sorgere il timore che dietro a tutto questo, molto in alto, ci sia della coscienza sporca. Accompagnata dalla supponenza di chi avrebbe titolo di sapere, ma che nell’ingranaggio della macchina del potere ha abbandonato la via maestra dello scienziato: il dubbio!

Lacrime per un Paese che spaccia per motivo di orgoglio in realtà il danno e il disagio di avere la propria casa preesistente addossata o sovrastata da un cavalcavia di quella portata. «Perché ci dissero che quel cavalcavia era un’opera d’arte, ne dovevamo essere orgogliosi, e noi siamo cresciute con questa idea in testa in questo quartiere» così hanno detto delle signore intervistate in questi tragici giorni. Oggi possiamo dire che l’opera d’arte – anzi proprio un capolavoro – sia stato all’epoca inculcare nella testa delle persone proprio questo convincimento cieco sulla bontà di tale mostruosità costruttiva così posizionata. Circa la metà delle famiglie che hanno perso i loro cari a Genova, a causa del crollo di questo ponte malandato, hanno rifiutato i funerali di Stato. É un segno forte, molto forte. Un papà fra le lacrime ha detto : «Mio figlio non sarà un numero e un nome, io lo porto a casa sua». Sì, perché non sentire coscienziosamente la responsabilità di agire, d’intervenire in tutti i modi dinanzi foss’anche solo a un dubbio e in tal modo scongiurare che un disastro, anche eventuale, potesse compiersi, significa che nei calcoli dei potenti le persone sono diventate solo numeri, utenti e consumatori. Se non così, quale motivo stringente avrebbe impedito di sospendere tutte le partite di calcio in un giorno dichiarato di lutto nazionale? Lacrime per gli stadi aperti, ma anche non rimasti deserti, il che significa che noi siamo con tutti e due i piedi dentro il sacchetto delle pedine.

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