Il monte dell’Ascensione, i suoi tesori e l’amore che va oltre la vita

Il monte dell'Ascensione

di AMERICO MARCONI –

Il monte dell’Ascensione, alto 1110 metri, sta davanti ai Sibillini col suo profilo a balzi. Per gli abitanti della provincia di Ascoli e Teramo rappresenta una meta da raggiungere quaranta giorni dopo Pasqua, nella ricorrenza dell’Ascensione di Cristo. E partecipare a una festa che affonda le radici in riti collegati alle divinità Cupra, Diana e Flora. Il nome più antico del bel monte fu monte Nero, probabilmente a causa della fitta vegetazione color verde scuro che da lontano sembra nera. Poi fu chiamato monte Polesio dalla storia di santa Polisia vissuta nel III secolo. Polisia era figlia di Polimio, prefetto romano di Ascoli. Ammiratore, nonostante la diversa fede, del vescovo cristiano Emidio, poi santo. Emidio aveva convertito la giovane Polisia e un giorno, approfittando dell’assenza del prefetto, scese con lei al sottostante fiume Tronto dove la battezzò. La notizia si diffuse rapidamente e Polimio di ritorno cercò la figlia per infliggerle una punizione. Impaurita Polisia si era nascosta nei boschi del monte Nero. I soldati stavano per catturarla ma la ragazza scomparve inghiottita dal vuoto. La tradizione vuole che quando si passa accanto al crepaccio si lanci un sasso esprimendo un desiderio. Perché santa Polisia vive ancora nelle viscere della montagna dove tesse su un telaio d’oro, con accanto una chioccia e i suoi pulcini tutti d’oro.

Nel XIV secolo Domenico Savi, detto Meco del Sacco, lasciò moglie e figli e fondò l’ordine dei Sacconi; gente vestita di un semplice sacco. Dopo aver acquistato un terreno sul monte Polesio vi costruì un Romitorio e la Chiesa dell’Ascensione col permesso del vescovo di Ascoli Rinaldo IV. Meco non ebbe facile vita. Accusato di eresia e di organizzare orge notturne, in realtà temuto per i suoi diecimila seguaci, fu imprigionato e subì un primo processo che finì con la condanna al rogo dei suoi libri. Scarcerato chiese ed ottenne da papa Benedetto XII il perdono. Poco dopo iniziò un secondo processo che terminò con l’ordine di distruggere il Romitorio e la Chiesa sul monte Polesio. Tornato libero ricostruì la Chiesa dell’Ascensione ma di nuovo fu inquisito e questa volta condannato al rogo. Correva l’anno 1346 ma nessuna cronaca riporta l’esecuzione della pena capitale. Meco fuggì o davvero fu bruciato vivo? Come nemmeno venti anni prima era capitato al povero Cecco d’Ascoli. Comunque da allora il monte Polesio è chiamato monte dell’Ascensione e nel giorno dell’Ascensione continua a tenersi la sentita festa.

La sera prima della festa le ragazze avranno messo all’aperto acqua e petali di rose in bacinelle. Prima del levar del sole saranno ritirate e quell’acqua di rose donerà bellezza e salute. Così come un’erba odorosa, una specie di prezzemolo, che si raccoglierà nel sottobosco salendo verso la vetta. Con queste promesse non ci resta che partire verso il fascinoso monte. Tra boschi, forre e fonti potrà capitare di scoprire qualche tesoro; come capitò a Polisia e Meco che trovarono la fede e l’amore che va oltre la vita.

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Sant’Emidio battezza Polisia – Cripta Duomo di Ascoli Piceno