Compiti a casa, basta! Perchè non chiedere di eliminare anche la scuola?

di GIUDITTA CASTELLI –

Ventiquattromila adesioni, e forse più, su una petizione change.org “Compiti a casa basta”, non è una grande novità sul diffuso umore dei genitori dinanzi alla richiesta dei docenti ai figli di assolvere a casa i compiti assegnati. Ma il problema non potrà risolversi con una illegittima imposizione da parte del ministro Fedeli, come invoca la lettera aperta del dirigente e scrittore Maurizio Parodi.  Un atto di imperio del ministro sarebbe una interferenza sulla libertà d’insegnamento riconosciuta all’insegnante dall’articolo 33 della Costituzione Italiana. Tanto che la  C.M. 30 ottobre 1965, n. 431, mai abrogata,  si esprime chiaramente nel senso che il Ministero non può imporre divieti senza con questo interferire indebitamente nella responsabilità che è deferita agli insegnanti.

C’è un punto d’incontro fra le due esigenze? Cioè quella dei genitori di esseri liberi dall’impegno di assistere i figli nell’eseguire i compiti a casa, e il dettato normativo che riconosce ai compiti una funzione educativa, come afferma la Circolare Ministeriale del 20 febbraio 1964, n.6  quando titola: “ compiti scolastici da svolgere a casa e in classe”?
Sicuramente sì, e lo si individua proprio nell’ articolo 31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificato dallo Stato italiano il 27 maggio 1991 con legge n. 176 che riconosce al bambino il sacrosanto  “diritto al riposo e al tempo libero, al gioco e alle attività ricreative proprie della sua età”.

Dopo quattro ore e mezzo di scuola i bambini devono avere il tempo di riposarsi e giocare. Dovrebbero avere il tempo da trascorrere con i propri genitori e fare attività alternative piacevoli e da essi liberamente scelte. Non parliamo del tempo pieno così come è organizzato in Italia, che rappresenta una vera violenza psicologica per i bambini! É qui che si dovrebbe chiedere l’intervento del Ministero della Pubblica Istruzione, affinchè il tempo pieno non sia una risposta  alla richiesta di baby sitter per i genitori che lavorano o desiderano starsene in pace, ma sia trasformato in un luogo formativo, di divertimento, di sport e di arti varie. La scuola pubblica deve essere potenziata con fondi da destinare anche alle attività alternative alle tradizionali discipline.

A scuola si studia, a casa si riflette, in modo autonomo (cioè senza i genitori a fianco) e, per i più volenterosi, il tempo a casa rappresenta un tempo da dedicare a ricerche personali o in gruppo. Necessariamente la richiesta d’impegno richiesto agli alunni da parte dei docenti deve essere limitato nel tempo. Inoltre i  genitori non si possono sostituire ai docenti o perchè non hanno tempo o, molto più spesso, perchè non sanno farlo. Quindi a casa non possono essere assegnati compiti non spiegati e verificati nella comprensione a scuola, neppure come recupero.

A scuola manca il tempo? Si usa il tempo che si ha limitando le attività.
I genitori controllano la quantità del lavoro fatto a scuola? Con il tempo impareranno a verificare la qualità del lavoro svolto. Se in poco tempo un docente ha fatto tanto, troppo (troppe fotocopie!),  vuol dire che lo ha fatto male e che non ha dato attenzione a tutti i bambini. La necessità dell’esercizio costante per progredire in qualcosa deve essere pensato come un imperativo categorico kantiano  “Non multa sed multum”, non studiare molte cose, ma molto bene (Quintiliano, Instit., X, I, 59).

Il compito educativo dei genitori, così come sancito dall’articolo 30 della Costituzione, dovrebbe concretizzarsi nell’assicurarsi che il proprio figlio non abbia trascorso tutto il suo tempo libero in compagnia della PlayStation, la madre surrogata, ma che abbia trascorso il proprio tempo in attività intelligenti, divertenti e – perchè no? – istruttive. Educare all’impegno, al senso di responsabilità, al rispetto dell’insegnante rientra fra i compiti dei genitori. E fra queste responsabilità educative dei genitori rientrano anche  il rispetto dell’orario scolastico, la frequenza regolare alle lezioni anche in giornate prefestive, se si è scelto di frequentare il tempo ordinario e quindi, di non programmare a proprio piacimento gite familiari durante le giornate di lezione (a meno che non siano necessarie e non differibili).

La campagna “Basta compiti a casa” , si rileva solo figlia di questo tempo, un tempo in cui tutto ciò che è formativo, impegnativo, educativo passa in secondo piano. Diversa è invece la richiesta di un impegno a casa autonomo, limitato nel tempo, sostenuto da attività di insegnamento attivo in orario scolastico.