L’anno inizia con “Tutti i soldi del mondo” e “Il ragazzo invisibile”

di EUGENIO DE ANGELIS

Mentre i tre film usciti la scorsa settimana si prendono la vetta della classifica (tutti sopra il milione abbondante, con Coco prevedibilmente primo) in concomitanza con il rallentamento di Star Wars (che ha comunque superato i 13 milioni) siamo arrivati a una delle settimane più “calde” dell’anno dal punto di vista delle uscite in sala, le quali andranno a soddisfare tutte le varie nicchie di pubblico: dal film spettacolare di un grande regista (Tutti i soldi del mondo) al blockbuster disimpegnato (Jumanji), dal biografico dai buoni sentimenti (Vi presento Christopher Robin) all’italiano ambizioso (Il ragazzo invisibile), fino ad arrivare ai film provenienti dai festival (Anima e corpo e Morto Stalin se ne fa un altro).

Iniziamo da quello che verosimilmente sarà il titolo di punta di questa settimana: Tutti i soldi del mondo mette in scena il rapimento del nipote del magnate del petrolio Getty avvenuto nella Sardegna degli anni settanta. Ridley Scott si prende enormi libertà narrative per imbastire un film adrenalinico e cupo, nel quale soldi (Christopher Plummer) e passioni (Michelle Williams) cozzano pesantemente fra loro e sarà compito dell’investigatore Mark Wahlberg trovare un punto d’incontro e al tempo stesso salvare il ragazzo. Se la messa in scena sembra esaltare le doti del regista di Alien e Il Gladiatore, la sceneggiatura parrebbe il punto debole della pellicola, con una rappresentazione dell’Italia fin troppo stereotipata. Il consiglio è quello di abbandonare le pretese di realismo e godersi lo spettacolo, altrimenti si rischia di ricordare il film solo per il clamoroso (e ipocrita, ma d’altronde pecunia non olet) rimpiazzo avvenuto a riprese ormai ultimate di Kevin Spacey, travolto dallo scandalo sessuale.

A 3 anni di distanza dal primo capitolo, Gabriele Salvatores torna sugli schermi con Il ragazzo invisibile – Seconda generazione. Se l’idea di coniugare il filone supereroistico in salsa italica era sicuramente coraggiosa in un paese nel quale mancano la tradizione e i mezzi per sfidare gli americani sul loro terreno, dall’altro non si poteva dire che la scommessa fosse stata vinta. Da questo punto di vista, per un adattamento intelligente e una inevitabile re-invenzioni dei codici di genere, un film come Lo chiamavano Jeeg Robot ha sicuramente tracciato una possibile via da seguire. Forte dell’esperienza accumulata Salvatores rilancia però le sue ambizioni e dalla storia “piccola” del primo capitolo si passa a una trama più simile a quella degli X-men, con molti personaggi in gioco e più livelli tra i quali spaziare. Il regista ha saggiamente scelto di calibrare il film ad altezza adolescente – il target di riferimento per una produzione del genere – rinunciando alle pretese di “nobilitare” il genere che avevano contribuito ad azzoppare il precedente capitolo, ma non è detto che questo basti a farne un film riuscito.

Arriva finalmente anche nelle nostre sale (ma distribuito solo in una cinquantina di copie) l’ungherese Corpo e anima, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival di Berlino del 2017. La regista Ildiko Enyedi (quest’anno era presente anche a Venezia in veste di giurata) costruisce un film di grande bellezza figurativa che unisce, tra slanci lirici e iperrealismo, due solitudini nell’ambiente straniante di un mattatoio: la nuova responsabile del controllo qualità Maria e il direttore Endre. Due persone lontanissime fra loro e chiuse in se stesse che scoprono di avere in comune un sogno ricorrente.