Addio al Principe Filippo, quasi 74 anni di ombra illuminata

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Credo che la storia renderà merito al Duca di Edimburgo. Al di là delle apparenze e le facili ironie che ci sono state nel corso della sua lunga vita, e forse ancora ci saranno da parte di improvvisati opinionisti, al di là dei fasti della vita regale e i privilegi nell’età adulta, la sua è stata una vita a tratti dura e, soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza, tutt’altro che semplice, al limite dell’inverosimile. Era nato a Corfù nel 1921, il 10 giugno, membro della famiglia reale greca. Tuttavia, come raccontano le fonti storiche, di greco aveva assai poco. Ci fu un colpo di stato per cui il re, suo zio Costantino I, fu costretto ad abdicare e la famiglia del piccolo Filippo, che aveva solo 18 mesi, dovette fuggire – con il bambino rannicchiato in una cassetta della frutta – rifugiandosi in Francia e vivendo in condizioni per niente privilegiate. La mamma, da lì a poco, ebbe problemi psichici e venne ricoverata in un istituto psichiatrico, le sorelle espatriarono in Germania, sposandosi, alcune di loro, con ufficiali nazisti, mentre suo padre dissolse gli ultimi pochi averi a Montecarlo.

E lui? Il bel signore che abbiamo imparato conoscere come il Principe consorte, pieno di vitalità e ironia, sportivo e mondano, sempre a suo agio ovunque e con chiunque, a quel tempo, ancora piccolo e con la famiglia di origine disgregata e dispersa, e per molti aspetti disperata, passò da una famiglia all’altra, da un luogo all’altro dell’Europa, fino ad arrivare in Inghilterra, ospite del nonno materno. Ovviamente era squattrinato e privo di prospettive. Difficile pensare ad un futuro brillante. Entrò militare nella Marina Britannica, alla quale è rimasto sempre legato, nutrendo un autentico fascino per la divisa e ciò che comportava.

Aveva 18 anni quando re Giorgio VI lo scelse tra i militari, per fare da scorta alle figlie, Elisabetta e Margaret. La futura regina aveva solo 13 anni e, da brava adolescente, si innamorò di quel bel ragazzo alto dai modi squisiti e probabilmente dall’incantevole portamento, nonché cugino di terzo grado. L’amore fu concretamente reciproco, portando al matrimonio nel 1947, non senza contropartita: il re Giorgio VI, diventato suo suocero, gli aveva chiesto, in buona sostanza, di essere sempre in ombra rispetto alla moglie, il classico passo indietro, rinunciando ad ogni ambizione monarchica e anche al proprio cognome. Tant’è che i figli si chiamano Windsor.

Verrebbe da pensare sia una trama da film, un po’ forzata, e forse anche esagerata. Eppure, è la storia vera di un uomo che, con quel tipo di infanzia terribile e con l’avventura di un incontro fatalmente fortunato, è stato sempre fedele al ruolo e, in un certo senso, al proprio destino. Verso Elisabetta ha sempre avuto l’atteggiamento di attenzione e protezione, “giocando” con il mondo, con la mondanità, con quel suo tipico distacco dallo humor britannico. Lo chiamavano per qualsiasi inaugurazione e lui, più divertito che interessato, non si tirava indietro: presiedeva, inaugurava, diceva qualche battuta poco “regale”, qualche gaffe, forse non casuale ma voluta, e si lasciava fotografare con chiunque, con il senso del glamour, contribuendo a sdoganare un certo modo ingessato dei reali d’Inghilterra. E questo aspetto, modernizzare l’immagine della monarchia e dei monarchi, è forse la connotazione più significativa, riconosciutagli da tutti.

Ma se con Elisabetta è stato il marito che doveva e voleva essere, non ha lo stesso parallelo il confronto di padre, in particolare con il figlio Carlo, con il quale non si relazionava bene, così come non s’è trovato benissimo con alcune nuore. In compenso ha avuto un ottimo rapporto con i nipoti, come nonno e bisnonno. A proposito di Carlo, l’ironia della sorte ha voluto che Filippo Duca di Edimburgo sia morto proprio nel giorno che Carlo e Camilla avrebbero festeggiato il sedicesimo anniversario del loro matrimonio.  Nel privato – ma va detto che in lui pubblico e privato non avevano netti confini – è stato un grande appassionato sportivo, come il polo e il cricket, per quest’ultimo è stato un fervente sostenitore. Gli piaceva guidare, anche in modo spericolato, e si ricorda un incidente, già da anziano, che ha portato la regina a chiedergli di non guidare più autonomamente e di rinunciare alla patente.

É uscito di scena a 99 anni, ma avrebbe compiuto il secolo di vita solo tra due mesi. Simbolicamente, anche questo dettaglio sembra parte del personaggio: ironia, paradosso e quel dovere e forse piacere di restare nell’ombra, pur luminosa, lasciando che sia Elisabetta ad ottenere il raggiungimento del traguardo centenario, seppure tra cinque anni. Certo, non possiamo sapere se accadrà, molti scommetterebbero per il sì. Intanto, Filippo di Edimburgo ha fatto la sua parte, le ha lasciato libera la strada. Con stile regale. E signorilità.

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