La magia delle fiabe contro il Coronavirus. De Signoribus docet

di ROSITA SPINOZZI –

Le fiabe hanno un potere benefico, si sa. Ci sono quelle che fanno sognare ad occhi aperti, ed altre invece che ci portano a guardare la realtà con uno sguardo diverso e più consapevole. In entrambi i casi raggiungono l’obiettivo di aprire la mente, distogliere i pensieri dalle vicissitudini quotidiane, spalancare le porte a nuove consapevolezze. La magia delle fiabe non ha tempo, è inesauribile. Così come, buon per noi, sono inesauribili la vena creativa ed il talento dello scrittore e filosofo marchigiano Antonio De Signoribus, uno dei massimi esperti nazionali di culturale orale. Che in tempo di Coronavirus ha pensato di allietare i suoi tanti estimatori con una breve rassegna di successo, la cui sintesi risiede nella considerazione che anche con la fantasia è possibile combattere il Coronavirus. E questo non è di certo un pensiero “leggero”, tutt’altro, è una grande verità che trova dimora importante nelle parole del De Signoribus filosofo per poi esprimersi nelle fiabe del De Signoribus scrittore. Sono sette le fiabe proposte dal “Grimm marchigiano”, che con noi ha voluto soffermarsi a riflettere proprio sull’ultima, “L’infelice”. Lo consideriamo di buon auspicio, in quanto sette è un numero molto noto nelle fiabe popolari. (Ma anche un numero molto caro alla sottoscritta, ed Antonio lo sa).

«”Eh,sì! Ve la voglio raccontare questa storia un po’ tenera, un po’ particolare, e perché no, anche un po’ filosofica”. Inizia così la fiaba – spiega De Signoribus – in cui si parla di un sindaco infelice che, pur volendo bene ai suoi concittadini e pur volendo governarli con giustizia e onestà, non ne azzeccava una. Decise, allora, di trovare conforto nei consigli di  una maga che gli diede il seguente suggerimento: per essere felice e fare felici i suoi concittadini bastava indossare una camicia di un uomo felice. Il sindaco allorsa si mise subito in cerca di questa camicia. Ma tutti erano infelici, chi per un motivo, chi per un altro. Alla fine trovò la risposta in un contadino davvero felice che, a sua volta, gli fece capire che la felicità si trovava nelle cose semplici e nel sapersi accontentare, sempre. Sfortuna volle che il contadino non avesse mai indossato in vita sua una camicia, ma solo “l’uniforme” bianca di campagna. E non poté aiutarlo. Con suo grande dispiacere, il sindaco scomparve così dalla vita sociale. Al suo posto venne eletto suo figlio, molto sveglio, che in poco tempo rimise le cose a posto e la sua città fu governata splendidamente».

Ma non finisce qui, perché De Signoribus ci svela il finale sullo “scomparso” sindaco: per caso, si seppe dopo molti anni che si era fatto prendere come garzone dal contadino, e siccome a tanta fatica non era abituato, se ne andò all’altro mondo dove, si spera, abbia trovato quella sospirata felicità che in questo mondo non era riuscito a trovare. Un finale amaro? Non tanto, se sappiamo cogliere le giuste sfumature di questa fiaba dai risvolti indubbiamente metaforici. In perfetto “stile De Signoribus”.

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