Carlo Giuffré, una vita per il teatro

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

«Il teatro è tutta la mia vita.» disse Carlo Giuffré in una delle sue ultime interviste. «Pensate che a casa barcollo, m’ingobbisco, mi annoio, invece a teatro ritrovo il passo. In scena si guarisce. E poi sapete che vi dico: gli attori vivono più a lungo, perché vivendo anche le vite degli altri, le aggiungono alla loro». E lui di vite ne ha attraversato un numero indefinito, a teatro come al cinema e in televisione, passando dai classici come Checov e Pirandello alla commedia dell’arte napoletana, dagli sceneggiati Tv come “Tom Jones” al cinema d’autore di Rossellini, Caprioli, Monicelli, Corbucci  alla commedia di Risi e di Benigni, che lo volle nel suo celebre “Pinocchio” per il ruolo di Geppetto. Ha interpretato i ruoli più disparati, raccolto ovunque elogi e consensi, è stato di fatto un volto familiare per tre generazioni. Neppure la malattia era riuscita a tenerlo lontano dal palcoscenico (l’ultima apparizione è del 2015 con l’adattamento teatrale di “Schindler’s List”) e dal suo pubblico (l’ultimo film è datato 2016: “Se mi lasci non vale”, di Vincenzo Salemme).

Una carriera lunga e ricca di soddisfazioni che è stata merito di un talento fuori dal comune, consolidato all’Accademia nazionale di arte drammatica e portato a un livello ancora superiore grazie all’incontro con Edoardo De Filippo, di cui ha tenuto alto il repertorio per anni. Ho avuto la fortuna di vederlo insieme al fratello Aldo nella commedia “La Fortuna con la F maiuscola”. Strepitosi, recitavano praticamente a soggetto, così complici che davano l’idea di divertirsi sul serio, con quella mimica facciale e quella gestualità tipica della Scuola Napoletana che conquista anche le platee più difficili. L’ho ritrovato da solo con la sua compagnia anni dopo nelle celebri commedie di Scarpetta “Miseria e nobiltà” e “Il medico dei pazzi” e ho avuto modo di conoscerlo personalmente, perché nonostante tutto era una persona semplice e facilmente avvicinabile, un uomo gentile che faceva pubblicamente i complimenti ai colleghi con cui recitava, un artista appassionato che in età ormai avanzata ha continuato a spendersi per il teatro fino a fondare e dirigere a Pompei la “Progetto Accademia”, una Scuola di Arte Scenica allo scopo di formare una Compagnia stabile di giovani attori.

Questo è il teatro che amo, quello che sembra una bella festa tra vecchi amici, fatta con personaggi che in fondo conosci già, come pure le loro storie, eppure mantengono nel tempo qualcosa di speciale e unico che ti spinge a desiderare di ascoltarle di nuovo, perché sai che riderai ancora, e poi ti commuoverai, e infine applaudirai con gratitudine.

Copyright©2018 Il Graffio, riproduzione riservata