La magia delle nuvole, dalla mitologia ai nostri giorni

(foto di Giampietro De Angelis)

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

“Vanno, vengono. Ogni tanto si fermano…” Inizia così una canzone di Fabrizio De André nel dodicesimo album, con la sua melodia lenta, quasi d’attesa e meditativa. Le nuvole, impossibile non osservarle. Che siano alte o basse, stratificate o cumuliforme, chiare o scure, danno luogo ad una tale varietà di forme da sorprendere. Eppure sono semplicemente il risultato della saturazione di vapore acqueo, infittimenti con una infinità di micro goccioline d’acqua. Si calcola che in un solo metro cubo di addensamento nuvoloso ci sono almeno 300 milioni di goccioline. Le nuvole, da sempre, hanno interessato i poeti, i pittori, i musicisti e, in tempi moderni, i fotografi. Le ritroviamo nei miti, nei testi delle canzoni di tutti i tempi, nelle opere letterarie e teatrali (ad esempio in quelle dell’ateniese Aristofane)…e in coloro che rivelano capacità divinatorie, in ogni cultura di ogni tempo storico.Nella mitologia greca c’è Nefele, ninfa delle nubi, generata da Zeus proprio da una nuvola. A parte il personaggio mitico, non è forse tra le nuvole che immaginiamo l’Olimpo? E non solo. Nella visione classica, anche il Dio della Bibbia spesso si rivela agli uomini attraverso le nuvole. E così, le figure di santi e talvolta di eroi leggendari in alcune rappresentazioni iconografiche.

Nell’arte pittorica hanno trovato una dimensione da protagonista in molti artisti, dai classici ai contemporanei. Nei dipinti del Mantegna, che ha osato reiventarne il ruolo, hanno un aspetto trionfale perché, saggiamente, è proprio dando forza alle nuvole che possiamo parlare di luce, come certi squarci che irradiano una luminosità sorprendente. Potremmo riportare molti esempi sul cambiamento degli stili lungo i secoli, arrivando a van Gogh dove le nuvole sono anche altro: non solo scenografia, ma interpretazione dell’emozione, viaggio interiore ed esplorazione dei sensi. Le nuvole! Talvolta inquietano, altre volte irritano, spesso stimolano riflessioni. In alcuni casi incantano. Riescono ad assumere sfumature di colore irripetibili, forme assolutamente stupefacenti che, nel loro continuo mutare e confluire in altre, hanno quel qualcosa di misterioso e suggestivo, con un sentore di sottile spiritualità.

Le nuvole simboleggiano leggerezza, sembrano eteree ed evanescenti. Invece pesano, e anche tanto considerando le grandi formazioni. Qualcuno si è divertito a misurarle e a quantificarne il peso. Un semplice metro cubo, preso da sé, peserebbe poco, circa mezzo grammo di acqua. Considerando l’insieme della formazione, che normalmente ha una estensione media di almeno un chilometro, si arriverebbe a pesare (se si potesse farlo) ben 500 tonnellate. Non proprio il simbolo della leggerezza. Eppure, quel veleggiare, quel “galleggiare” sull’aria, rafforzano il nostro immaginario. Nell’antica Babilonia era consuetudine osservare le nuvole per predire il futuro. Ma anche oggi, coloro che affermano di saperlo fare praticano la nefelomanzia (o nefomanzia), in onore del mito greco. Un’antica pratica divinatoria che probabilmente è scarsamente conosciuta e oggi poco praticata ma che, nell’antichità era apprezzata e piuttosto ricorrente. Non sappiamo con quali risultati ed efficacia, come in tutte le forme divinatorie, giacché la vera capacità parrebbe risiedere nell’essere sensitivi a prescindere dal mezzo.

E poi ci sono i modi di dire. Il classico: “Avere la testa tra le nuvole” che sta per distratto e disattento  ma che, in termini più poetici, può apparire più delicato, ad indicare il sognatore e il visionario. E in fondo, probabilmente tutti ci lasciamo prendere dall’incanto, da quell’attimo fugace che alziamo la testa e ci soffermiamo a guardare, a seguirne i movimenti, incuriositi e ammirati, o forsanche stizziti, sicuramente non indifferenti. Talvolta siamo contemplativi e ci accorgiamo della capacità terapeutica delle nuvole. Ci ricordano che apparteniamo ad un mondo dove siamo spettatori, terrestri che si dovrebbero muovere su ali di farfalla, in un equilibrio sempre più delicato, da rispettare in intimo silenzio. Condizione necessaria ed essenziale per far scendere nel profondo di sé la bellezza di certi unici scenari.

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(foto di Giampietro De Angelis)