Il pettirosso, il piccolo uccello che non si arrende mai

di AMERICO MARCONI –

D’inverno tutti aspettiamo con gioia il pettirosso. Un piccolo uccello con piume marroni e il petto colorato di rosso arancio. Capace di farci dimenticare il freddo e lo scorrere del tempo. Il suo nome scientifico è Erithacus rubecula può raggiungere i 14 cm. e il peso di 20 grammi. Proprio un mucchietto di piume. Si nutre soprattutto di insetti e lombrichi ma apprezza i frutti del sorbo, i semi della fusaggine e le bacche del biancospino. Ha abitudini solitarie ma, a differenza della fragilità che suscita il suo aspetto, ha un carattere vivace e aggressivo nei confronti dei suoi simili. Difatti i maschi, possono ingaggiare nel periodo degli amori lotte sanguinose con i rivali. E sono energici migratori. Gli esemplari che vediamo d’inverno in Italia a primavera inoltrata, volando di notte, possono raggiungere la Finlandia. Eppure rimaniamo conquistati dalla sua simpatica vivacità. E dal suo canto acuto, breve e melodioso: un sottil tintinno come d’oro, scrive Giovanni Pascoli.

Secondo la tradizione religiosa cristiana il pettirosso con il suo canto loda Dio. E la sua figura è legata alle principali feste cristiane, a partire dal Natale. Si racconta che un piccolo uccello marrone, rifugiatosi nella stalla di Betlemme con la Santa Famiglia, si accorse che il fuoco stava per spegnersi. Fu così che volò vicino alla brace e, agitando le ali per tutta la notte, riuscì a tenere accesa la fiamma nel focolare. Al mattino dopo fu ricompensato da Gesù Bambino, che colorò le piume sul petto di rosso arancio; lo stesso colore del fuoco che aveva mantenuto acceso. Un’altra leggenda riguarda il periodo di Pasqua. Me la narravano i nonni: il pettirosso, impietosito da Gesù sofferente sulla croce, si avvicinò alla fronte e tolse con il becco una spina della corona sanguinante. Una goccia di sangue gli macchiò le piume del petto. La macchia divenne indelebile, in lui e tutti i discendenti, a testimonianza della pietà e dell’amore che il piccolo uccello aveva espresso per il Cristo crocefisso.

Gli antichi Celti invece hanno sempre tenuto in massimo rispetto la sua forza. Poiché l’uccello arrivava nel periodo legato al passaggio dall’anno vecchio al nuovo, ritenevano la sua resistenza al freddo e la sua temerarietà qualità necessarie per affrontare il futuro. Così come la sua abitudine a fare migliaia di chilometri negli spostamenti migratori. E il pettirosso era uno degli animali totemici di Thor. Dio libero e dotato di una enorme forza, concentrata nel suo martello che nell’uso emette il bagliore del fulmine e il boato del tuono. Insomma per i Celti e i popoli nordici il pettirosso è simbolo della vita che resiste e si adatta. Senza mai arrendersi, né in mezzo alla neve né dinanzi alle molteplici avversità.

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