L’ultimo monte di Gesù

La Crocifissione di Andrea Mantegna, 1459, Museo del Louvre, Parigi

di AMERICO MARCONI –

L’ultimo monte salito dal corpo umano di Gesù, quasi inesistente dal punto di vista orografico, è il Gólgota o Calvario. “Giunti in un luogo detto Gólgota, che significa «Luogo del cranio» […]lo crocifissero” narrano concordi gli evangelisti Matteo 27,33; Marco 15,22 e Luca 23,33. Si tratta di uno sperone di roccia di sei o sette metri, chiamato Gólgota, in aramaico “cranio”, forse per la sua forma tondeggiante o perché vicino venivano sepolti i condannati a morte. Oggi inglobato dalla Basilica del Santo Sepolcro, è un grande masso che presenta delle suggestive cavità dove venivano infisse le croci.

Sotto l’imperatore Adriano, quando fu repressa la rivolta giudaica del 135 e furono ricoperti i luoghi sacri, sul Gólgota, sopra la grotta dove ora c’è la cappella di Adamo, si eresse un piccolo tempio con la statua di Venere-Ishtar. Fu Macario, vescovo di Gerusalemme, nel 325 durante il Concilio di Nicea che esortò l’imperatore Costantino a demolire il tempietto per cercare il sepolcro di Cristo. La madre di Costantino si preoccupò di ritrovare i resti della vera croce ed edificare la prima basilica del Santo Sepolcro.

La croce sulla cima di un monte è di per sé un simbolo fondamentale, perché solo dopo essere ascesi al culmine di un monte, attraverso lo sforzo e la sofferenza, è possibile raggiungere il cielo. La croce con i suoi due bracci ripropone la finitezza dell’umanità nel braccio orizzontale e la trascendenza nel braccio verticale. Sul punto di incrocio dei due bracci c’è il Cristo che riunisce in sé le due nature umana e divina. È un uomo che attraverso un’atroce sofferenza e il buio della morte può liberarsi dal peso dell’umano soffrire e ascendere alla luce eterna del cielo.

Eugenio Scalfari scrisse: «Credo nel Gólgota perché lì fu celebrato il sacrificio di un giusto, di un debole, di un povero. Quel sacrificio si ripete ogni giorno ed è il vero unico peccato del mondo: il sacrificio, la sopraffazione, l’umiliazione del povero, del debole, del giusto. Il Gólgota raffigura il peccato nel mondo».

Eppure l’ultimo monte di Gesù non è il Gólgota ma il monte degli Ulivi dove avvenne l’Ascensione. “Mentre lo guardavano fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. […] Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi” scrive Giovanni negli Atti 1,6-12. Il monte degli Ulivi è una montagna a oriente di Gerusalemme, le cui pendici sono ricoperte da ulivi. In realtà è una piccola catena di vette che toccano gli 835 metri. La vetta che la tradizione identifica con quella dell’Ascensione è di circa 800 metri. Perciò l’ultimo monte di Gesù è il monte degli Ulivi, dove è comparso dopo aver scontato con la sua morte tutti i peccati del mondo ed essere resuscitato. Autentica promessa di vita eterna.

Copyright©2025 Il Graffio, riproduzione riservata

L’Ascensione di Pietro Perugino, 1500, Museo delle Belle Arti, Lione