Giovanni Vespasiani e l’amore per la sua città: “Sammenedette mmìne”

Il poeta sambenedettese Giovanni Vespasiani (foto Traini)

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Passeggiando per il centro di San Benedetto del Tronto, non si può trascurare via XX Settembre, per la sua tipicità, per la modernità di locali e negozi ma anche per l’austera bellezza degli edifici, alcuni dei quali hanno mantenuto tutta l’eleganza della San Benedetto di fine Ottocento e primo Novecento. Tra questi palazzi, ce n’è uno che, se si sta attenti nel cercarlo, rivelerà la presenza di una targa commemorativa dedicata ad un maestro della poesia vernacolare cittadina, Giovanni Vespasiani. La poesia che vi è riportata è “Sammenedette mmìne”. Il poeta amava San Benedetto, l’amava concretamente, al punto che l’ha lasciata solo in vecchiaia, per raggiungere le figlie diventate piemontesi. Ma le sue spoglie sono ancora qui, nella sua città, nella tomba di famiglia.

Vespasiani è stato poeta per passione più che per professione, con una sconfinata dedizione alle espressioni dialettali, dividendo le giornate tra le scrivanie degli uffici. Infatti, per tutta la vita lavorativa è stato bancario, dapprima impiegato e poi direttore. Era nato il 2 gennaio del 1886. I genitori avevano compreso che la vocazione del bambino verteva verso una cultura che privilegiasse la musica e la poesia. Tuttavia, venendo a mancare il padre Domenico nel 1897, quando il ragazzo aveva appena undici anni, si suppone che il giovane Giovanni, terzo di cinque figli, non abbia perso tempo in distrazioni. Appena terminato gli studi, nel 1904, iniziava a lavorare in banca, e per ben 40 anni, a parte le parentesi dovute alla Prima guerra mondiale, dove ha rivestito diversi incarichi come militare.

Torniamo alla poesia. La prima pubblicazione risale al 1911 con la raccolta “A timpe pirse”, con dodici componimenti. Per due anni, è un susseguirsi di nuove uscite editoriali, soprattutto su riviste del territorio marchigiano. Tra queste, spicca il periodico “Fra Crispino” di Grottammare, che dal 1914 in poi, per diversi anni, è stato un riferimento di un certo rilievo.Giovanni ha scritto molto, moltissimo, anche testi di canzoni, vincendo un paio di medaglie alla Festa della canzone marchigiana, ma sempre privilegiando il dialetto sambenedettese. E senza ricerca di particolare gloria. Tant’è che diverse pubblicazioni le possiamo trovare ne “La Frusta Sambenedettese”, nei numeri del 1946, sotto un curioso pseudonimo. E c’è da ritenere che Vespasiani avesse un alto spirito ironico, oltre che poetico. Il nome scelto era “Lu Zautte”. Solo qualche anno dopo, nel 1951, veniva svelato il vero nome dell’autore dei componimenti poetici. Quelle stesse pubblicazioni le ritroviamo nella raccolta “N’ ci abbadà”.

Successivamente, oltre ad uscite all’interno di periodici locali, nell’ambito della provincia picena, e oltre alla partecipazione ad alcuni concorsi, veniva pubblicata la raccolta “Canti della Riviera” che, forse, è quella che più di altre lo rappresenta, almeno agli occhi dei contemporanei che riconoscevano in lui un vero maestro della poetica dialettale. Seguono altre pubblicazioni e altre ingegnose sperimentazioni intellettuali. Va annotata l’idea di “tradurre” nel dialetto sambenedettese le poesie di Giacomo Leopardi. Nella raccolta “Luci sul molo” compaiono queste trasposizioni vernacolari che hanno riscosso l’assenso della critica del tempo. Giovanni, ancora una volta, mostrava di avere una lucidità metrica di grande personalità, forte e decisa. Ci sono delle interessanti versioni recitate, rintracciabili su Youtube, come quella del baritono sambenedettese Riego Gambini.

L’ultima uscita editoriale è del 1961, ormai anziano, dal titolo significativo, quasi un testamento: “Voci della mia gente”.  Avevamo accennato che l’ultimo periodo della sua vita l’ha passato a casa delle figlie che vivevano in Piemonte. Il poeta vi moriva il 12 maggio del 1967 per poi ritornare, con le spoglie, nella sua amata città marchigiana che, in seguito, gli ha dedicato una via. A questo proposito, all’amore per la propria radice storica, culturale, all’amore per il dialetto e per la poesia, è stata conferita a Giovanni Vespasiani l’onorificenza di “Cavaliere della Repubblica”.

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